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Rivolte detenuti: Corte di Cassazione, sigillo su 28 ordinanze di custodia cautelare

Rivolte detenuti: Corte di Cassazione, sigillo su 28 ordinanze di custodia cautelare

La Suprema Corte – seconda sezione penale – presieduta dal dott. Di Paolo e che ha visto come  relatore il dott. Beltrani, ha deciso sulle impugnazioni afferenti alle numerosissime misure cautelari invocate dalla Procura della  Repubblica di Potenza per i  gravissimi fatti verificatesi all’interno della casa circondariale di Melfi tra il 09 ed il 10 marzo 2020 .

La violentissima protesta dei detenuti era finalizzata a sostenere una serie di rivendicazioni dei detenuti a seguito delle restrizioni disposte dall’Amministrazione Penitenziaria  tese al contenimento dell’emergenza epidemiologica da covid-19; in particolare i detenuti pretendevano un regime detentivo agevolato con celle aperte dalle ‘8.30 alle 15.45  nonché la garanzia della socialità tra i  ristretti  dalle 17.15 alle 19.45.       

I reati contestati sono di particolare allarme sociale.

Infatti, oggetto del procedimento  erano  plurimi sequestri di persona a scopo di coazione di quattro agenti penitenziari, tre medici e due infermiere;  reato questo per il quale è prevista dal codice penale la elevatissima pena minima di anni 25 di reclusione.

Era contestato anche il delitto di devastazione di varie parti strutturali dell’edificio penitenziario e di svariati beni e suppellettili, delitto questo punito con pene sino ad anni 15 di reclusione.

Le ben 44 ordinanze di custodia cautelare furono emesse dal Tribunale del riesame di Potenza, in riforma della iniziale ordinanza di rigetto del Gip il quale aveva ritenuto insussistente le esigenze cautelari, pur ritenendo la presenza  della gravità indiziaria. In tali casi la legge prevede che la esecuzione dei numerosi arresti deve essere  subordinata alla decisione della Corte di Cassazione.             

Ebbene, la Suprema Corte ha respinto  la stragrande maggioranza dei ricorsi proposti dalle difese, precisamente quelli di 29 ricorrenti rispetto ai 33 ricorsi proposti.

Precisamente sono stati bocciati  i ricorsi proposti da  Ahmeti Kleviol, Amirante Dario,  Aulitto Ferdinando, Biscotti Luigi,  Beneduce Rosario, Campo Vincenzo, Cassano Michele, Chirico Domenico, D’Elia Mario, De Feudis Domenico, Di Domenico Piero, Fortugno Andrea, Gharbi Ali,  Giampà Davide, Marini Massimiliano, Martino Salvatore, Mele Salvatore,  Mennella Stefano, Milloni Giuseppe, Nocerino Ciro, Notarianni Giovanni, , Osayuwa Kenneth, Papale Gerardo, Perdonò Massimo, Sollazzo Mario, Stefanutti Dorino Rocco, Stellacci Giovanni, Trioa Carlo, Zaino Edoardo.

Viceversa, hanno meritato l’annullamento della ordinanza di custodia cautelare seppur limitatamente al solo tema delle esigenze cautelari Albanese Savino, Buttone Salvatore e Silvestro Antonio.

Si distingue un unico ricorrente che ha ottenuto il totale annullamento della ordinanza di custodia  cautelare sul tema della gravità indiziaria: il pluripregiudicato pugliese Dello Russo Roberto, alias  “Malandrino”, difeso dagli avvocati  Dario Vannetiello del Foro di Napoli e Vito Epifani del Foro di Taranto. Per il solo Dello Russo, nonostante il Procuratore Generale avesse chiesto il rigetto del ricorso, le articolate e sapienti  argomentazioni  del collegio difensivo hanno colto pienamente nel segno.      

Nei confronti di Dello Russo dovrà procedersi ad un nuovo giudizio innanzi al Tribunale del riesame di Potenza sia  per valutare se sussistono gravi indizi nei suoi confronti, sia per verificare se saranno ancora individuabili le esigenze cautelari, le quali notoriamente si affievoliscono con il passare del tempo. 

In ogni caso, la decisione  emessa dai giudici capitolini  nei confronti  Dello Russo sul tema della gravità indiziaria costituisce un indubbio precedente giudiziario favorevole che potrà condizionare in futuro l’esito del processo rispetto alle accuse mosse al “Malandrino” di Terlizzi, il quale continua intanto ad essere ristretto agli arresti domiciliari nell’ambito di una vasta inchiesta di narcotraffico giudicata di recente  dalla Corte di appello di Lecce.                           

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