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Clan Mariano, i ras dei vicoli restano tutti liberi

Clan Mariano, i ras dei vicoli restano tutti liberi

Terremoto nel processo d’appello-bis, i boss hanno già scontato la pena. I figli di Ciro “’o picuozzo” e i loro fedelissimi se la cavano con 3 anni e 1 mese

NAPOLI. Boss e gregari della mala dei Quartieri Spagnoli non metteranno più piede in carcere. O quantomeno non lo faranno per le accuse che gli sono state mosse fino ad oggi: associazione mafiosa, estorsione e riciclaggio. La dirompente inchiesta che nel 2016 ha messo in ginocchio l’agguerrito clan Mariano esce drasticamente ridimensionata dal verdetto della Corte d’appello di Napoli, chiamata a un secondo pronunciamento dopo il recente annullamento ordinato dalla Cassazione.

I giudici della Suprema Corte, accogliendo in pieno le argomentazioni del collegio difensivo, avevano infatti stabilito la necessità di una correzione nel calcolo delle condanne  la pena base, secondo la norma vigente, doveva essere di sette anni e non nove  e anche le attenuanti generiche dovevano essere considerate in questo ragionamento. Quello che ne è venuto fuori è stato un vero tsunami giudiziario. Gli imputati già nel primo processo d’appello erano riusciti a cavarsela con condanne a dir poco miti, tanto che per gran parte di loro era scattata la scarcerazione. La sentenza pronunciata ieri dalla Seconda sezione ha però ulteriormente abbassato l’asticella.

Queste, nel dettaglio, le pene inflitte: Antonio Cardaropoli, 5 anni; Umberto Frattini, 6 anni e 8 mesi; Costanzo Magrelli, 4 anni e 5 mesi; Fabio Mariano, figlio del boss Ciro Mariano, 5 anni e 1 mese in continuazione con altra sentenza; Vincenzo Ricci, 6 anni; Ernesto Tecchio 6 anni e 8 mesi in continuazione con altra sentenza; Antonio Masiello e Armando Perrella, 3 anni e 5 mesi a testa. Gli altri figlio del boss Ciro “’o picuozzo”, cioè Marco Mariano (classe 1976), Raffaele Mariano e Salvatore Mariano hanno rimediato 3 anni e 1 mesa ciascuno. Stessa sorte anche per gli altri imputati accusati, come loro, di associazione mafiosa: Patrizia Cinque, Annamaria Dresda, Antonio Esposito “’o pallino”, Luisa Gaetano, Maurizio Overa (pentito), Ciro Romano e Mario Tortora. Premiato dunque il lavoro del collegio difensivo, rappresentato dagli avvocati Giuseppe De Gregorio, Leopoldo Perone, Giuseppe Perfetto, Gaetano Inserra, Andrea Imperato e Giovanni Fusco.

Circostanza piuttosto singolare: tutti gli imputati, avendo già scontato la pena prima della sentenza definitiva, non andranno in carcere neanche per un solo giorno. L’inchiesta che ha portato alla sbarra il gruppo di vico Concordia era culminata nella retata del settembre 2016, quando in carcere finirono oltre trenta persone, quasi tutte considerate vicine al clan Mariano dei Quartieri Spagnoli. Le accuse mosse dalla Procura antimafia erano associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione e riciclaggio: secondo gli inquirenti della Dda molti dei soldi illeciti accumulati dalla cosca venivano infatti riciclati in negozi che vendevano pesce e in altri che fornivano latticini. Accuse pesanti come macigni, che non sono però bastate a garantire la permanenza in cella dei ras e dei loro gregari. Le condanne sono, sì, arrivata, ma di stangate non se n’è vista neppure l’ombra.

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