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Proteste Pro Pal, Israele punta Napoli

Nuovo report del governo Netanyahu sulle manifestazioni: nel mirino sei organizzazioni locali

Proteste Pro Pal, Israele punta Napoli

NAPOLI. Proteste dei Pro Pal, Israele mette ancora nel mirino Napoli, dopo un un report del 21 settembre sui cortei in Italia. Annche stavolta il livello di rischio, per gli interessi israeliani, è sempre classificato come “alto”. L’ultimo monitoraggio porta la data dell’8 ottobre. E Napoli è l’unica piazza italiana considerata per le iniziative in solidarietà alla Flotilla, insieme a quelle analoghe in Francia (Lione) e Turchia (Istanbul).

A stilare il documento è ancora il ministero israeliano per la diaspora e la lotta all’antisemitismo, organo deputato a recepire e pubblicare queste informazioni. Da rilevare c’è anzitutto la velocità di circolazione delle notizie. L’8 ottobre, la Rete pro Palestina di Napoli ha annunciato una manifestazione nel pomeriggio, a sostegno della Flotilla 2, appena fermata.

Questa è la seconda missione umanitaria via mare, partita dopo il blocco della prima, avvenuto al largo di Gaza tra 1 e 3 ottobre. Lo stesso giorno, in poche ore, il ministero israeliano aveva già chiaro il quadro della situazione.In serata, a piazza Municipio a Napoli si sono radunate migliaia di manifestanti.

Ma già prima, in Israele hanno individuato sei organizzazioni. Queste sigle erano forse schedate in precedenza. Al punto da conoscerne anche il numero di followers su Instagram, riportato nella sezione Online Engagement (livello di coinvolgimento e interazione). Un elemento non certo secondario, nelle valutazioni degli analisti israeliani.

Si tratta di Ex Opg Je So’ Pazzo (36.8K followers); Studenti Autorganizzati Campani (4.5K); Movimento Mig Napoli (7.1K), presumibilmente è il Movimento Migranti e Rifugiati; Potere al Popolo – Napoli (9.4K); Cau Napoli (17.8K), il Collettivo Autorganizzato Universitario. Ulteriore dettaglio: alla manifestazione napoletana vanno 719 likes sul social. Ben più di quelle francese (112) e turca (6). C

ome d’abitudine, il ministero diffonde anche le coordinate di piazza Municipio (40.8399° N, 14.2525° E), nonché l’orario del raduno (18.00). Perché lo faccia, non è chiarito. Ma una cosa è evidente: il report è redatto anteriormente alla proteste. «Sono previste – spiega il report – tre proteste coordinate in tutta Europa a sostegno della Freedom Flotilla, una coalizione di navi che tenta di violare il blocco navale israeliano su Gaza».

Quanto agli organizzatori napoletani, il ministero menziona Rete Napoli x la Palestina, Freedom Flotilla Italia e GPI Napoli (Giovani Palestinesi, ndr). Quindi si passa al setaccio «l’appello» online dei promotori. «Denuncia la “complicità” dell’Italia con Israele – si legge -, facendo riferimento all’Eni e al governo italiano guidato da Giorgia Meloni.

Il post descrive Israele come uno “stato occupante genocida” e sollecita una mobilitazione di massa contro quello che definisce il “blocco illegale” di Gaza e la “cooperazione militare e diplomatica italiana” con Israele. Gli organizzatori collegano questa protesta a una serie di recenti mobilitazioni su larga scala in Italia, tra cui scioperi e marce nazionali con slogan come “Blocchiamo tutto”».

Il report quindi si dedica all’esame di “Contesto e analisi”, partendo dallo scenario complessivo. «Le proteste – scrivono al ministero – utilizzano una retorica conflittuale e anti-israeliana, con gruppi di estrema sinistra e filo-palestinesi che chiedono di “bloccare i porti” e “porre fine alla complicità”, il che aumenta il potenziale ditensione”.

A Istanbul però la protesta guidata da İhh (ong islamica) è fuori al consolato israeliano. Perciò “presenta un rischio maggiore per la sicurezza, data la sua vicinanza a una sede diplomatica». In Francia e in Italia invece, le proteste «si svolgono nelle piazze pubbliche centrali, non vicino a siti israeliani o ebraici,ma la loro visibilità e il contesto urbano aumentano la probabilità di scontri o disordini». A Napoli in particolare, i messaggi «sono rivolti a attori statali e aziendali», come l’Eni.

«Il che – chiosano gli analisti – potrebbe attirare una più ampia partecipazione degli attivisti”. Tra le note, il report contiene anche un diclaimer. “Le informazioni fornite nel rapporto – si spiega – si basano su segnalazioni e informazioni ricevute tramite il monitoraggio della rete con l’ausilio di un sistema tecnologico», non meglio specificato.

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