NAPOLI. “’O zì, noi sappiamo che voi avete le proprietà: o ci date 50mila euro o la casa al Fondaco San Paolo. Se pensate di andare dalle guardie, dopo di noi ci sono altre 10 persone che ti possono uccidere”. Forte dell’appoggio del clan Contini, gli uomini dei Sibillo non usavano mezze parole per intimidire i gestori dei negozi cui chiedevano il “pizzo”. Li convocavano nel “palazzo della buonanima”, in via Santi Filippo e Giacomo 26, e davanti all’altarino dedicato al giovanissimo ras Emanuele seminavano il terrore.

Erano 12 i commercianti sotto scacco e uno di loro fu costretto a inginocchiarsi davanti al busto raffigurante “ES17”, ma non tutti pagavano. Come, nonostante le minacce di incendiare il locale, i titolari di un’attività di vendita al dettaglio di biancheria intima che non piegarono la testa. Un episodio di cui rispondono Emanuele Romano, Massimo Somma, Simeone Montanino, Giosué Napoletano e Giuseppe Rossi. Sono 21, su 29 indagati tra cui 5 donne nell’inchiesta coordinata dalla Dda, i destinatari della misura cautelare eseguita dai carabinieri della compagnia Napoli Centro che hanno condotto le indagini sul clan Sibillo tra il 2018 e 2019.

Tra gli arrestati figurano Giovanni Matteo “’o pinguin” e Giovanni Ingenito “Barba lunga”, reggenti della cosca dei Decumani, capace di rigenerarsi continuamente nonostante i colpi subiti da inquirenti e investigatori negli ultimi 10 anni. Basti pensare che sono detenuti da tempo Pasquale Sibillo, il padre Vincenzo e Antonio Napolitano “’o nannone”. Ma se fu costretto a inginocchiarsi un solo commerciante, tra le 12 estorsioni compiute o tentate ricostruite nell’inchiesta, anche gli altri dovettero rendere omaggio alla memoria del boss nel “palazzo della buonanima”. Un rito camorristico svelato attraverso le dichiarazioni di alcune delle vittime, poste di fronte a una secca alternativa: pagare o subire le ritorsioni. Il palazzo si trova proprio di fronte ad una scuola media, l'istituto “Confalonieri” in via San Severino. Anche per questo il significato della rimozione dell’altarino, è importante perché avvenuto davanti agli occhi dei giovani studenti.

Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati tutti gli oggetti presenti nel palazzo riconducibili al clan, a cominciare dal busto che riproduceva il volto di Emanuele Sibillo, ucciso a 19 anni il 1 luglio 2015. Gli arrestati sono ritenuti gravemente indiziati, a seconda delle varie posizioni, di associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, spaccio di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco con l’aggravante della finalità mafiosa.

Le indagini hanno documentato un’escalation di eventi, dalle richieste di “pizzo” alle esplosioni di ordigni e di colpi d’arma da fuoco a fini intimidatori, che hanno segnato la quotidianità del centro storico nell’ambito dei contrasti sorti con l’organizzazione camorristica rivale dei Mazzarella, rappresentata in zona da Antonio Iodice “’o chiuov” e Pietro Perez. Una strategia della tensione adottata dai clan per sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine e della procura ai danni dei rivali. A farne le spese gli esercenti delle attività del centro storico, pizzerie ed esercizi commerciali, costretti a subire le richieste estorsive, le intimidazioni e le azioni violente.