NAPOLI. Spazi di «decongestione emotiva» per medici e infermieri sottoposti a ritmi insostenibili e alle pressioni psicologiche rappresentate dalla paura di infettare, inconsapevolmente, i pazienti e i loro familiari. L'iniziativa è dell'Istituto nazionale tumori "Fondazione Pascale" di Napoli, nel quale è stato integrato il servizio di Psicologia, già esistente da anni, con uno spazio dedicato agli operatori sanitari “depressi" da coronavirus creato dalla psicologa Daniela Barberio e dal suo team. «Si conoscono ancora poco le conseguenze psicologiche di questo attacco, ma quello che è certo è che gli operatori sanitari sono stanchi e spaventati», spiega Barberio. «Hanno paura di sbagliare, paura naturalmente di essere contagiati, paura di non farcela ad andare avanti in queste condizioni. Lavorano da settimane senza sosta, secondo i ritmi dettati da un'emergenza inaspettata e ingannevole di cui nessuno conosce la durata per cui non hanno sufficienti risorse e strumenti per proteggersi e difendersi. C'è angoscia, inquietudine, sofferenza ma anche un mix di impotenza e di onnipotenza insieme». 

La paura più ricorrente di medici e infermieri è quella di sentirsi degli “untori", portatori sani del virus sia per i pazienti che hanno in cura, che per i loro familiari. Molti operatori sanitari, proprio per il lavoro delicato che svolgono, vivono oramai da settimane lontani dai coniugi e dai loro figli, con tutto quello che a livello emotivo questa scelta comporta. «Siamo chiamati ogni giorno a pensare e ad agire nell'emergenza in cui siamo costretti ad assumere comportamenti diversi, modificando continuamente i nostri schemi cognitivi e soprattutto con dei picchi emotivi senza precedenti», dice il direttore generale del Pascale, Attilio Bianchi. «I nostri medici e infermieri - aggiunge - hanno una responsabilità tripla, quella verso loro stessi, verso le loro famiglie e ovviamente verso gli ammalati che hanno in cura. Sostenerli emotivamente in questo momento è doveroso».