«Alcuni dei subvertiser in mostra al Pan per 'Ceci n'est pas un blasphéme' stanno lasciando a Napoli tracce della loro presenza. Si tratta di una loro spontanea e autonoma iniziativa, di cui so poco, se non quello che amici, conoscenti, utenti mi riferiscono mandandomi foto da Napoli». Lo scrive Emanuela Marmo, direttrice del "Festival delle arti per la libertà d'espressione contro la censura religiosa", in corso al Palazzo delle Arti di Napoli dal 17 al 30 settembre, sui manifesti apparsi nei giorni scorsi nelle strade di Napoli.

«Va da sé - aggiunge Marmo - che l'Assessorato o l'Amministrazione comunale ne sappiano ancora meno. Trovo ridicolo e pretestuoso metterli in difficoltà su una circostanza che esclude in toto il loro coinvolgimento. I subvertiser non informano nessuno delle loro azioni, tanto meno chiedono il permesso: diversamente, la loro arte non si chiamerebbe subvertising».

In un post pubblicato sulla pagina Instagram del Festival, Marmo coglie l'occasione «per ringraziare gli artisti e per ricordare cos'è questa forma d'arte. Il subvertising 'abusa', sabota e si riappropria creativamente degli spazi della pubblicità e della propaganda per restituire messaggi di protesta, di libertà, sovvertendo i concetti che abitualmente ci condizionano. E cultura, è pensiero critico offerto a tutti. Questi segni popolano le nostre strade senza cercare lucro, senza privatizzare la conoscenza. La contrarietà di alcuni cittadini - aggiunge - mi spinge a credere ancora più convintamente che le azioni di subvertising sono fondamentali. Questi stessi cittadini infatti accettano, assuefatti, i 'normali' messaggi pubblicitari che inoculano un uso erotizzato del corpo femminile, che promuovono canoni estetici frustranti e irraggiungibili per persone comuni, che associano la bellezza al possesso di beni inutili, costosi, classisti. Ecco, a tutti questi messaggi diseducativi, privi di etica, questi cittadini non si oppongono. Ben venga il subvertising che ci risveglia dal torpore» conclude Emanuela Marmo.