
Napoli, ecco l’Ospedale dei libri: così si riparano i volumi per i bimbi del quartiere
di Armida Parisi
Gio 23 Giugno 2022 18:32
La pressa per stampare e il rullo con l’inchiostro, i caratteri mobili di ogni dimensione e persino l’albero della grammatica: c’è proprio tutto all’Ospedale dei libri, nato per riparare i volumi destinati all’infanzia e rimetterli in circolazione leggendoli con i bambini del quartiere. Si trova nell’area a nord di Napoli, fra Melito e Scampia, ed è una costola della Scugnizzeria, il centro polifunzionale messo su da Rosario Esposito La Rossa con la moglie, Maddalena Stornaiuolo.
Si aggiunge così un altro tassello al progetto di rigenerazione urbana che quattro anni era nato in 41 metri quadrati come libreria indipendente e adesso ricopre 400 metri quadri con due case editrici, una scuola di teatro, un bar e, fra poco, anche una pizzeria. I libri hanno fatto da traino: con il ricavato dalle vendite finora si è finanziato l’acquisto e l’arredamento dei diversi locali ma stavolta, a dare una mano è stato il Rotary Club con un progetto del Distretto 2101 cui hanno aderito dodici club - Napoli, Napoli Angioino, Castel dell'ovo, Chiaja, Nord est, Posillipo, Sud Ovest, Afragola/Frattamaggiore, Ottaviano, Nola Pomigliano, Pozzuoli, Torre del Greco Comuni Vesuviani.
«Il nostro sostegno - dice Ada Quirino, presidente del club capofila del progetto, il Napoli Posillipo - va oltre la semplice realizzazione dell’Ospedale del Libro ma intende sostenere la crescita socio-culturale della cittadinanza attraverso la diffusione della lettura come valore riconosciuto e condiviso, in grado di influenzare in maniera positiva la qualità della vita». «Questo spazio vuol essere anche un museo didattico del libro - le fa eco La Rossa - Oltre che a toccare e guardare i libri, qui i bambini potranno capire come si realizzano. E saranno loro stessi a farlo. Abbiamo preparato dei piccoli banchi da lavoro su cui potranno comporre le parole e infine stamparle sulla carta».
L’ambiente è colorato e accogliente, pensato come un vero e proprio laboratorio, dove da bei poster colorati vigila lo sguardo benevolo di tanti personaggi legati al mondo della stampa: dal suo papà, Gutemberg, al primo editore e all’inventore della linotype, passando per il cinese Bi Scheng che per primo pensò ai caratteri mobili, Giambattista Bodoni, col carattere che porta il suo nome fino a Don Bosco, che già nell’Ottocento aveva intuito il valore educativo dell’arte tipografica, e a quel geniaccio di Steve Jobs, che ha inserito nei suoi Mac la tendina con i caratteri di scrittura.
Parla con calma, Rosario, sgranando i grandi occhi chiari sul bel viso rotondo. Niente toni enfatici, o, peggio ancora, sdolcinati, soltanto la serena consapevolezza di essere sulla strada giusta. Del resto è uno che le storie, oltre che viverle, le sa raccontare. E molto bene anche, sia da autore della scuderia Einaudi, sia da opinionista sulle colonne napoletane del quotidiano La Repubblica, sia da attivo frequentatore dei social.
«La Scugnizzeria - dice - era un sogno impossibile perché quando abbiamo aperto nessuno ci credeva. Ora invece è una realtà importante per questo territorio. Soprattutto perché crea lavoro. Qui ci sono otto ragazzi contrattualizzati - annuiscono contenti Maurizio Vicedomini e Giuseppe Ruocco, rispettivamente capo editor e responsabile degli eventi - ed è una sfida vinta perché la nostra realtà è riconosciuta soprattutto dai ragazzi».
Il core business di questo progetto sono le case editrici, Marotta & Cafiero e la Coppola, orientata agli autori contemporanei la prima, ai classici la seconda: pubblicano libri molto curati, oltre che nei contenuti, nella grafica e nella fotografia, ma anche attenti all’ambiente perché fatti con carta riciclata. Gran parte della vendita è legata alle fiere: «Dall’inizio dell’anno abbiamo partecipato a 9 eventi nazionali - interviene il giovanissimo Luca che segue logistica e spedizioni - e vendiamo tantissimo, al Salone del libro di Torino siamo, fra i piccoli editori, quelli che hanno venduto di più».
Ma l’azione della Scugnizzeria si allarga all’esterno: «Questi porticati - Rosario mostra gli spazi antistanti, nel Parco Prima Casa - erano abbandonati. Adesso sono diventati un punto di incontro. Qui il pomeriggio ci vengono i ragazzi, giocano a carte o ai giochi di società. Stanno insieme. E intanto noi possiamo trasmettere qualche idea». C’è un bar, in cui si vendono soltanto bevande e cibi sani (la Cocacola è bandita), ci sono sedie e tavolini leggeri e un’area verde curata, adornata con belle piante mentre sulla pavimentazione spicca, disegnato a colori vivaci, il percorso della mitica “settimana” o “campana”.
«È per far giocare i bambini. Ci abbiamo messo anche la vasca con i pesciolini - continua Esposito La Rossa -. All’inizio una signora ci aveva avvertiti: "Ve vottano tutte cose 'n terra. Non resisterà mai. Invece è ancora qui. Sembra poco, ma per noi questo significa produrre bellezza. I bambini e i genitori ora la proteggono». Attenti però, non siamo in un idillio. Rosario lo sa bene: «Qui vengono molti ragazzi difficili. E noi dobbiamo essere pronti anche a ricevere qualche danno. Perché l'alternativa sarebbe solo l'imposizione, ma non servirebbe a niente. Invece noi vogliamo accogliere, senza giudicare».
Calma e disponibilità, il terreno fertile per l’educazione. Non è un caso che il logo della Scugnizzeria sia un asinello con le ali. Qui infatti arrivano spesso i ragazzi che non vogliono andare a scuola, gli svogliati, i disadattati. «Sono i nostri lucignoli - dice Rosario - quelli che non hanno nessuna fatina, nessun babbo Geppetto che va a cercarli. Ci siamo noi però che, attraverso i libri e le storie che contengono, proviamo a farli volare».
Bisogna arrivarci, però, alla Scugnizzeria. Abbastanza facile per i bambini delle circa 500 famiglie che abitano nel Parco Prima Casa. Più complicato per quelli delle altre 7000 che affacciano su quello stradone senz’anima che è la Circumvallazione esterna. Sarebbe tutto molto più semplice se la Scugnizzeria disponesse di un piccolo bus, magari elettrico, per andarli a prendere e riportarli sotto casa, dopo le attività. Per adesso non ce lo si può permettere, ma che male c’è a sognare? Soprattutto se finora i sogni hanno dato senso e spessore alla vita.
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