La repubblica filo-francese del 1799 ebbe vita non solo breve ma anche grama perché nei cinque mesi di esistenza dovette fronteggiare numerosi tentativi di reazione realista. Il più famoso fu la congiura dei Baccher. Di questo tentativo insurrezionale, pure assai noto per aver ispirato pamphlet, romanzi e sceneggiati televisivi, non si sa molto, data la mancanza di atti giudiziari pervenutici e il silenzio serbato dagli attori superstiti della congiura. In essa furono coinvolti a vario titolo Vincenzo Baccher, commerciante, e i figli Gennaro e Gerardo, ufficiali di cavalleria, Giovanni, capitano dei Cacciatori reali, Camillo, funzionario statale, e Placido che, scampato due volte alla morte, nel 1802 prese i voti e divenne il primo rettore della Basilica del Gesù vecchio, a Napoli. Già distintisi nella strenua difesa della città, i Baccher formarono un comitato segreto composto da commercianti, impiegati, popolani e ex soldati regi, che organizzò una rivolta per il 10 aprile 1799, confidando nell’arrivo della flotta inglese dalla Sicilia. Un centinaio di giovani doveva assaltare la caserma del Comando della Guardia nazionale repubblicana, sfruttando la scarsità di uomini, essendo i giacobini impegnati nelle province già in rivolta. Nel frattempo venivano diffusi proclami clandestini sull’ imminente arrivo del Cardinale Ruffo, che risaliva rapidamente la penisola verso Napoli. Presero a distribuirsi numerosi “biglietti di riconoscimento”, che avrebbero dovuto garantire la vita a quanti li possedevano. Il 2 aprile giunse in vista di Napoli la flotta inglese che mise in allarme la città, le truppe francesi e le Unioni realiste. Ma nella notte del 5 aprile furono perquisite le case di molti realisti e fra esse quelle dei Baccher. Successivamente dal giornale giacobino il Monitore Napolitano, diretto da Eleonora De Fonseca Pimentel, si apprese che la congiura era stata denunziata al Governo da Vincenzo Cuoco, informato di tutto da Luisa de Molino, moglie di Andrea Sanfelice. La Sanfelice ne aveva avuto notizia da Gerardo Baccher, suo amico. Per proteggere la sua vita, l’ufficiale borbonico le aveva dato uno dei biglietti di riconoscimento. La Sanfelice si era premurata di riferire tutto anche ad un altro suo amico, Ferdinando Ferri, che molti anni dopo sarebbe stato nominato ministro da Ferdinando II. L’istruzione del processo fu resa laboriosa dal silenzio nel quale si chiusero gli imputati. Il Cardinale Ruffo era ormai alle porte di Napoli. “La prudenza - il giudizio è del Cuoco - consigliava un perdono che non potea esser più dannoso”, ma - come scrisse Benedetto Croce - “la vendetta e la crudeltà presero la maschera di una necessaria misura di rigore”. Furono condannati a morte Gerardo e Gennaro Baccher, Natale D’Angelo, Ferdinando e Giovanni La Rossa. La sentenza fu eseguita nel cortile di Castelnuovo poche ore prima dell’arrivo del Cardinale Ruffo a Napoli. I cinque affrontarono intrepidi la morte. Un cronista annotò che nelle ore successive furono fucilate anche altre “undici persone della minuta plebe”.

PREPARANDO IL COLPO DI MANO (L'INSURREZIONE)

All’arrivo dell’esercito francese i Baccher avevano combattuto. Fuori città, a Capodichino, al Ponte di Casanova. Fino all’ultima barricata, a Porta Capuana. Poi non si erano arresi alla sconfitta e avevano formato una “Unione realista”, comitati borbonici, che preparavano l’insurrezione. La loro “Unione” godeva di grande prestigio - scrive Emilio Gin, che ne ha studiato la composizione sociale - e molte altre “Unioni” avevano adottato gli stessi distintivi di riconoscimento. L’obiettivo finale era il colpo di mano per impadronirsi del forte di Sant’Elmo, dove si erano arroccati i giacobini. Ma quando i controrivoluzionari lo conquistarono, i Baccher non c’erano. La notte del 5 aprile 1799 erano stati arrestati in una retata della polizia repubblicana e dei soldati francesi, avvertiti da un amante di Luisa Sanfelice. I giacobini non ebbero il tempo di fucilarli tutti. Lo ammette il repubblicano Pietro Colletta: “Due fratelli Baccher (…) furono archibugiati, come in segreto, sotto un arco di scala di Castelnuovo. Supplizio crudele, perché nelle ultime ore del governo, senza utilità di sicurezza o di esempio. Non bastò il tempo, e fu ventura, a più estesi processi contro a’ congiurati dei Baccher”.

Massimo Ellis