Il fondo Leopardiano, conservato alla Biblioteca Nazionale di Napoli, non smette di offrire  sempre nuove importanti sorprese:  un suggestivo autografo del giovane Leopardi con ogni probabilità del 1814. Il manoscritto giovanile  passato inosservato ed inedito è stato intercettato  da Marcello Andria e Paola Zito che ne hanno curato la pubblicazione per i tipi  di Le Monnier Università

Il volume “Leopardi e Giuliano imperatore. Un appunto inedito dalle carte napoletane" si presenta a Napoli alla  Biblioteca Nazionale -Sala Rari- martedì 3 maggio, ore 16, con interventi di  Maria Iannotti, Giulio Sodano, Francesco Piro, Rosa Giulio, Silvio Perrella, Lucia Annicelli.

L’inedito conferma l’importanza della raccolta leopardiana napoletana  che si presenta sempre più  completa, mettendo a disposizione degli studiosi un panorama integrale dell’opera di Giacomo Leopardi.

Si tratta di un ‘quadernetto’ formato da quattro mezzi fogli, ripiegati nel mezzo in modo da ottenere otto facciate, recanti una lunga e fitta lista alfabetica di autori antichi e tardoantichi (circa 160 i lemmi), ciascuno dei quali seguito da una serie di riferimenti numerici. (oltre 550 nel complesso).  Siamo di fronte ad uno scritto di Leopardi appena sedicenne, assiduo frequentatore della biblioteca paterna, che realizza un accurato e capillare spoglio dell'Opera omnia di Giuliano imperatore, ricorrendo all'autorevole edizione di Ezechiel Spanheim, apparsa a Lipsia nel 1696.

Giacomo, che soltanto l’anno prima ha cominciato a studiare il greco da autodidatta, perlustra assiduamente i migliori esemplari della biblioteca paterna, l’autografo ci mostra come benché giovanissimo Leopardi  è già uno  studioso provveduto e curioso ed abbia già un accurato  metodo di lavoro, che rappresenterà la caratteristica costante del percorso leopardiano.

Gli anni in cui il giovane Leopardi si accosta alla lettura di Giuliano rappresentano una tappa significativa nel percorso di rivalutazione della figura dell’Apostata, per lungo tempo offuscata dalla condanna pressoché unanime degli storici della fino alla metà del XVI secolo e riscoperta nel Settecento  ad opera soprattutto degli illuministi (Montesquieu, Diderot, Voltaire) ma accolta in Italia, fra attestazioni di stima e dichiarata ostilità. Richiami all’opera dell’imperatore filosofo neoplatonico ricorreranno anche in seguito nell’opera leopardiana: in particolare nelle Operette morali (nei Detti memorabili di Filippo Ottonieri) e nello Zibaldone, in alcune esercitazioni di carattere filologico.

Il volume approfondisce  il senso del binomio di  Giacomo Leopardi e l'Apostata, in una prospettiva interdisciplinare attraverso i saggi  di Marcello Andria, Daniela Borrelli, Maria Luisa Chirico, Maria Carmen De Vita, Stefano Trovato, Paola Zito che conducono le loro riflessioni sul piano  storico -filosofico dal IV secolo d.C. all'Illuminismo e oltre, nonché sul piano  filologico indagando nelle pieghe di un tessuto lessicale e concettuale denso e significativo.