Nessuno si sarebbe aspettato, agli albori della rivoluzione industriale, che in un Regno del Sud della penisola italica nascesse la prima ferrovia. Ferdinando II di Borbone vedeva nell’innovazione tecnologica uno strumento di sviluppo per l’acquisizione di know-how e l’indipendenza dalle potenze industriali dell’epoca. Il 3 ottobre 1839 fu inaugurata la prima tratta della ferrovia Bayard fra Napoli e Portici, che successivamente raggiunse Torre del Greco, Torre Annunziata e Castellammare, con diramazione da Torre Annunziata a Nocera, via Pompei, Scafati, Cava dei Tirreni, Vietri sul Mare. Fu una giornata memorabile che, grazie ai dipinti di Fergola, ancora oggi riusciamo a vivere come spettatori di un fantastico viaggio nel tempo. Altre tele del pittore mostrano i treni, le opere ferroviarie e i paesaggi. Eppure la storiografia ufficiale liquida con un giudizio sommario questo primato: un “giocattolo” del re per raggiungere con la Corte la Reggia di Portici. Un giudizio clamorosamente smentito dal Journal des Chemins de Fer, il primo settimanale specializzato sulle ferrovie, fondato in Francia. Nella relazione Chemins de Fer de Naples à Nocère et à Castellammare; Procès-verbal de l’assemblèe gènèrale 1851-1855, 1858 (Imprimerie de Léautey, Parigi, 1858) risulta che dall’inaugurazione al 1857 viaggiarono su questa ferrovia più di 15 milioni di persone. Insieme allo sviluppo verso il Sud e l’entroterra campano ad Est, Ferdinando II volle quello verso Nord, per dotare di ferrovia tutta l’area metropolitana. La Regia Strada Ferrata Napoli-Cancello-Caserta fu inaugurata l’11 giugno 1843 e si prolungò fino a Capua. Nel 1846 su quella linea si aprì la diramazione Cancello-Nola che poi arrivò fino a Sarno e Mercato San Severino. Lo stesso anno uscì dalle Officine della Stazione di Napoli la Duca di Calabria, prima locomotiva progettata e costruita in Italia. Nel 1855 fu affidata al barone Panfilo de Riseis la concessione della “Ferrovia Abruzzese-Romana” per la Strada ferrata che da Napoli giungesse al confine con lo Stato Pontificio, a Ceprano e a Teramo. La linea per Ceprano nel 1860 era pressoché ultimata. In quello stesso anno all’ingegnere pugliese Emanuele Melisurgo veniva affidata la concessione per la Strada Ferrata delle Puglie che avrebbe collegato Napoli con Brindisi. Importanti industrie meccaniche nacquero grazie al programma ferroviario. Il Reale Opificio Borbonico di Pietrarsa era già operativo dal 1842. Dopo le riparazioni di locomotive di fabbricazione inglese, cominciò la costruzione delle prime sette locomotive; alcune furono vendute al Regno di Sardegna nel 1847. L’attività del primo opificio sabaudo, l’Ansaldo di Genova, iniziò solo nel 1854. Nel 1853 Pietrarsa contava 700 operai. L’impresa Zino & Henry, al Ponte della Maddalena, a Napoli, lavorava per conto di Bayard e contava 550 addetti. John Pattison, direttore delle Officine della Stazione di Napoli, nel 1852 aprì lo stabilimento Guppy & Co, che realizzò nel 1858 due locomotive innovative, la Pattison e la Cava, per il traino dei convogli sulla tratta Cava dei Tirreni-Vietri, con pendenze del 2,5%. Lo sviluppo pianificato della rete, dal 1860 fino al 1870, avrebbe realizzato 150 locomotive, 800 carrozze, 3mila carri merce, 1.600 km di rotaie, 30mila tonnellate di prodotti fucinati, fusi e lavorati.  Nei 10 anni successivi all’annessione, l’incremento della rete avvenne eminentemente al Centro-Nord e le uniche linee aperte al Sud furono quelle già in buona parte realizzate. Reggio Calabria fu raggiunta solo nel 1895. Dal 1863 al 1898, nell’Italia centro settentrionale per la rete furono spesi 1.400 milioni di lire. Solo 700 in quella meridionale ed insulare.

*studioso dei Sistemi di Trasporto