«Dovevamo salvare la faccia», dice il protagonista in “Ritornati dal passato”, di Riccardo Pazzaglia. Ma quei soldati che uscivano da Gaeta con le bandiere al vento, mentre i piemontesi presentavano le armi, erano andati oltre. Era il 15 febbraio 1861. Avevano combattuto per tre mesi una guerra senza speranza. “Rimanere nella piazzaforte era un onore”, scrive Angelo Mangone. Una guerra separata da quella dei nemici. A novembre, quattro navi piemontesi per una tempesta si erano rifugiate nel porto di Gaeta. Il re Francesco II le fece rilasciare. I piemontesi sparavano dalle case del Borgo di Gaeta, ma lui non volle farle minare per il rischio di danni alla chiesa di San Francesco. Era ancora la guerra del Medioevo cristiano, una guerra limitata, che rispettava tregue, feste dei Santi, regole dell’onore militare. Dove il nemico non si odiava. I soldati di Cialdini colpivano con i cannoni rigati da 3.600 metri di distanza, gli artiglieri napoletani non potevano arrivarci, sparavano sui feriti della batteria Transilvania esplosa (lo ammette il piemontese Federico Carandini), raddoppiavano il fuoco mentre si firmava la capitolazione. Era la guerra rivoluzionaria. Ideologica. Che ha per obbiettivo non solo la distruzione del nemico, ma della sua identità. i difensori di Gaeta non potevano vincerla. Ma la guerra della memoria si combatte ancora. “La gloria non sarà per i vincitori, ma per i vinti”, annotò nel suo diario il cronista dell’assedio Charles Garnier.

IN LIBRERIA. Per conoscere meglio un’epopea poco nota

La difesa del Regno” (AA.VV., Editoriale il Giglio, 2001 ) ricostruisce gli ultimi mesi di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto, dove la bandiera dei gigli sventolò ad oltranza nel 1861. Il Journal du siége de Gaëte, di Charles Garnier, testimone oculare dell’assedio, è da antiquariato, ma si trova a prezzi moderati. On-line, è scaricabile da Google books. Disponibile anche una traduzione in napoletano. Per un esame comparativo con fonti piemontesi: “L’armata Napoletana dal Volturno a Gaeta (1860-61)”, di Angelo Mangone (F. Fiorentino, 1972), purtroppo difficile da reperire. Testimonianza importante quella del soldato borbonico Teodoro Salzillo (“L’assedio di Gaeta”, Controcorrente, 2000).