Nel 1522, la beata Maria Lorenza Longo fondava a Napoli l’Ospedale degli Incurabili. Il suo confessore era San Gaetano Thiene, che formava i sacerdoti per l’Ospedale. Santa Caterina Volpicelli voleva la vita contemplativa, ma Padre Ludovico da Casoria - che riscattava i bambini di colore, schiavi in Egitto, e li inviava come missionari in Africa - le consigliò di restare “in mezzo alla società”. Sono alcuni degli anelli della catena di santità che ha accumulato un patrimonio di Grazia. Un’eredità spirituale che sostiene ancora la città e spiega forme di solidarietà antiche, vive a dispetto di tutto. Santi e Beati che hanno operato qui con la cifra della Carità. Nella forma più alta è l’offerta della Salvezza dell’anima, il sollievo dalle difficoltà materiali ha come fine quello di facilitare la conversione, non il Welfare State. San Camilllo de’ Lellis all’Ospedale dell’Annunziata curava i malati che gli inservienti rifiutavano. Erano nobili, come San Gaetano, regine come la Beata Maria Cristina di Savoia, moglie di Ferdinando II, borghesi come Caterina Volpicelli, o di umili origini come San Camillo. Ultimo in ordine di tempo, Francesco II di Borbone (nella foto), figlio della Beata Maria Cristina, adesso Servo di Dio. C’è questa teoria di Santi della Carità all’inizio della tradizione nelle famiglie già numerose, dell’adozione di un "figlio della Madonna”, dei Monti di Pietà, delle Confraternite.  Pezzi di reti sociali, a volte brandelli, che però fanno vivere la città dove “non sei mai solo”. Se soltanto riuscissimo a legare tra loro quei fili sottili...