Intensa e indagatrice, la penna degli americani li segue, tra Otto e Novecento, nelle loro incursioni campane e partenopee. Che prendano appunti di viaggio, scrivano lettere, diari o reportage da inviare Oltreoceano, il loro guardo è tutt’altro che superficiale. Anzi, proprio perché straniero e distaccato, riesce a entrare nelle viscere di queste terre così arcaiche e a viverne il fascino.

LA CONCRETEZZA. Già a una prima scorsa di “AmericaNa” di Pier Luigi Razzano (Intra Moenia), la sensibilità concreta degli scrittori d’Oltreoceano balza subito agli occhi: che si tratti di Mark Twain che fra le rovine di Pompei immagina un Tom Sawyer ante litteram; o del disincantatoMelville che  nei mille tabernacoli di Napoli  coglie “la religione che apre le vie alla corruzione”; o di Fitzgerald, intento, fra una sbornia e l’altra, a dare le ultime rifiniture al “Grande Gatsby” ognuno si immerge con consapevole spaesamento nella verità di quei luoghi.
L’AUTORE. Giornalista di “La Repubblica” nonché solerte animatore della vita culturale cittadina come cofondatore del minifestival del libro “Un’altra galassia” e ideatore della rassegna “La voce dello scrittore” svoltasi alla libreria Intra Moenia, Razzano si rivela anche abile ricercatore in questa rassegna gli scritti che 12 grandi della narrativa statunitense hanno dedicato all’esperienza campana del loro viaggio in Italia.

IL METODO. Ma non si limita a restituirli a nuova vita, andando a recuperarli uno a uno fra le raccolte più disparate. Non è un lavoro di archeologia letteraria, il suo. Piuttosto, si può definirlo sartoriale, nel senso più alto del termine: i testi degli scrittori americani, vengono cuciti insieme dalla penna intelligente di Razzano, che dà loro una vestibilità più adatta ai gusti del lettore moderno, capace di incuriosirlo con brio e informarlo senza annoiarlo.

LE SORPRESE. Scopre così che William Faulkner, il cui realismo scandaloso turbò i contemporanei col suo “Santuario”, scrive il racconto “A Napoli si divorzia” ispirandosi ai bassifondi di Genova perché non aveva mai messo piede a Napoli prima di esservi chiamato a una conferenza quando era ormai un Premio Nobel. E che un giovanissimo Truman Capote, già mondano e raffinato ma non ancora giunto alla notorietà con le tenerezze sentimentali di “Colazione da Tiffany” e la cruda oggettività di “A sangue freddo”, giunge sull’Isola Verde per scrivere “Isola d’Ischia”, il non-fiction novel che pubblicherà su “Mademoiselle” nel 1950. “Una trasposizione della realtà nel territorio della narrativa. Nessuna finzione, niente storie inventate: ciò che accade è lì di fronte a lui, va scavato con parole più esatte, per giungere nel cuore invisibile, come solo la letteratura può, degli avvenimenti. Be there. Essere lì. Raccogliere voci, setacciare dettagli, riportarli con precisione assoluta al lettore. Farlo sentire sul luogo”.  

LA SCELTA DI CAMPO. È Razzano che racconta Capote, ma è anche la dichiarazione di una scelta espressiva: la sua. Perché, in fondo, questo fa “AmericaNa”: raccoglie voci di autori americani, setaccia dettagli di vita, li restituisce fedelmente al lettore. E lo fa sentire a casa in quell’altrove che è la letteratura.

Sabato alla libreria Ubik, in via Benedetto Croce, ore 18, la presentazione di "AmericaNa" con la scrittrice Valeria Parrella e il giornalista Francesco Rasulo.