Quel mito che scomparve con le quattro ruote
di Gianni Maria Stornello
Mar 02 Luglio 2019 14:43
Giorgio Caponetti è scrittore raffinato. Raffinato come pare l’uomo, lo scrittore, ilpoeta, l’amante della vita, della natura, della letteratura, ovviamente, dellamusica, della storia non soltanto della sua città, ma dell’Italia che passa dagliultimi anni dell’800, cresce e si trasforma nel Novecento e dell’industria piùfamosa, la Fiat.Da “Quando l’automobile uccise la cavalleria”. È il titolo del suo ultimo romanzo. Un fil rouge che lega diverse storie, le racconta con la scioltezza che si deve all’innata curiosità dell’uomo Caponetti, al desidero timido e al tempo stesso estroverso con cui si racconta a pranzo con gli amici, pronto ad assaporare una boccata di sigaretta a metà pranzo, in giardino, per riprendere i suoi racconti con l’aneddotica di sempre, complice la moglie, cuoca di altissima raffinatezza.Giorgio Caponetti si sarebbe potuto accanire contro l’industria automobilistica che... uccise la sua cavalleria. Ma lui è un animo gentile e ha preferito approfondire le ragioni di questo sopravvento. Lui, che amava sussurrare ai cavalli e la cavalleria l’ha praticata fin dall’adolescenza, allevando e amando questi nobili animali, come fossero parte della sua stessa vita. E in fondo dev’essere stato proprio così, perché Giorgio Caponetti, Cavaliere è stato davvero, ma lo era anche nella vita, con quella sua innata signorilità che sintetizza ogni suo gesto, ogni sua parola. E non è un caso che si sia appassionato a quel periodo (a cavallo, è il caso di dirlo) dell’Ottocento e del secolo nascente, il Novecento, in cui l’automobile vinse la sua corsa contro gli amati, intelligenti quadrupedi che hanno dominato la vita e la storia di molti popoli nei campi di battaglia e negli ippodromi, nei giochi equestri. E con essi i cavalieri.Giorgio Caponetti, torinese del 1945, ha attraversato studiandolo con amore, un secolo di storia italiana, piemontese, da quando si è appassionato alla storia dei “quattro cavalieri”: Federigo Caprilli, ex ufficiale di Cavalleria “il più grande campione di equitazione di tutti i tempi”, Emanuele Bricherasio, anch’egli ex ufficiale di Cavalleria, fondatore della più grande casa automobilistica italiana; Giovanni Agnelli, anch’egli ex ufficiale di cavalleria, diventato grande industriale e finanziere. E il quarto? Era mio nonno, dice Caponetti. Buon sangue non mente. Narra la storia di questi “quattro cavalieri dell’apocalisse industriale”, tutti morti in circostanze drammatiche, ne rivela i caratteri, le propensioni umane e professionali si sente coprotagonista, affascinato dalle loro imprese, ma rammaricato che in fondo l’industria abbia sostituito i cavalli con i cavalli di motori rombanti, che non nitriscono anche se affascinano, ma non amano i loro cavalieri. Giorgio Caponetti abbandonata l’arte del pubblicitario, vive in Monferrato a contatto con la Natura, mentre la sua natura timida e inquieta lo conduce verso nuove mete. Si trasferisce in Tuscania, nella verdissima tenuta dove cavalli e animali vivono la loro vita senza freni inibitori, organizza spettacoli e giochi equestri, crea un’azienda agricola in piena regola, diventa egli stesso il Cavaliere indomito di una vita dedicata alla musica, al’arte alla letteratura. La Storia e le storie fanno parte del suo intelletto. Scrive con il cuore in modo schietto. Il fraseggio, tanto per restare in campo musicale, è limpido, diretto. I suoi personaggi, pur nella nobiltà dei sentimenti militari, da Ufficiali di Cavalleria, parlano un linguaggio semplice, nobile, diretto. Come semplice è l’uomo che sussurra ai cavalli. Giorgio Caponetti, quando parla della Tuscania verdeggiante selvatica, etrusca, ricca di storia, dimentica di essere torinese. E lì che ha trovato il suo essere cavaliere, anche se le origini rimangono in riva al Po e tra le colline del Monferrato. Ed è così che negli anni fioccano i libri e per la collana Marcos Y Marcos ha pubblicato “Due belle sfere di vetro ambrato”, “Venivano da lontano”, “La carta della regina” e“La disfida”, quattro avventure di Alvise Pàvari dal Canal. E proprio in questi giorni, tra una boccata di sigaretta e un manicaretto, scrive un nuovo romanzo. Ma è top secret. Almeno fino a quando non avrà steso l’ultimapagina.
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