Lucio Militano, ingegnere navale e studioso dei Sistemi di Trasporto, è autore di “Le Ferrovie delle Due Sicilie” (Editoriale il Giglio, Napoli).

Il sottosviluppo ferroviario del Sud è una conseguenza delle scelte fatte dopo l’unificazione?

«Lo sviluppo della rete dopo il 1861 avvenne essenzialmente al Centro-Nord. Nel 1870 la rete ferroviaria era per il 46% al Nord, per il 25% al centro, e per il 28% fra Sud continentale e Sicilia, percentuali rimaste praticamente immutate successivamente».

Nel 1855 Ferdinando II di Borbone aveva affidato la concessione per la Ferrovia Abruzzese-Romana. Era realizzabile quel progetto?

«La concessione era di 80 anni per una Ferrovia a doppio binario, da Napoli al confine con lo Stato Pontificio, a Ceprano ed al Tronto per Teramo. La linea per Ceprano, nel 1860, era quasi ultimata. La tecnologia ne consentiva la realizzazione. La galleria di Codola, nel tratto Sarno-Mercato Sanseverino, fu realizzata nel 1858 risolvendo complessi problemi di aereazione. Per i finanziamenti si replicava il modello della Bayard, che dimostrò buona redditività e la possibilità di realizzare opere pubbliche senza imposizione fiscale».

Un secondo progetto prevedeva il collegamento tra Napoli e Brindisi. Che cosa avrebbe significato la sua realizzazione, e perché fu abbandonato?

«Era un’altra concessione di 80 anni, per una linea a doppio binario da Mercato Sanseverino a Brindisi. Avrebbe dato al Regno grandi vantaggi per il collegamento con il porto di Napoli e per il raccordo alla rete ferroviaria del resto della penisola, lo avrebbe messo in comunicazione con i mercati del Nord e dell’Europa continentale. Venne parzialmente realizzata solo nel 1870, a binario semplice, su un tracciato che escludeva Avellino. Francesco II confermò le concessioni, ma Garibaldi nell’ottobre 1860 le dichiarò decadute e affidò al banchiere livornese Pietro Adami e al suo socio Adriano Lemmi la prosecuzione delle ferrovie meridionali. Meno nota è la concessione a Thomas d’Ajout nel 1857, per la Salerno-Potenza-Taranto. I lavori per la tratta fino ad Eboli iniziarono immediatamente».

I tempi per la Linea Alta Capacità Napoli-Bari sono slittati dal 2023 al 2026, con un tratto di 40 km a binario unico. La tecnologia dei Borbone sarebbe stata in grado di tagliare gli Appennini?

«Il programma di sviluppo ferroviario era supportato da industrie dimensionate per fornire, nel decennio 1860-1870, tutto il materiale previsto. Grandi competenze ingegneristiche e industriali erano disponibili nel Regno. Quanto all’Alta Capacità, l’attuale classe politica l’ ha subordinata all’Alta Velocità: il treno del futuro non è destinato a trasportare merci o soddisfare esigenze di mobilità di massa. Non mi meraviglia lo slittamento».

La Sicilia ha collegamenti ferroviari perfino peggiori del Sud continentale...

«La storia del sistema ferroviario post-unitario è assai travagliata e fortemente legata agli interessi della nuova classe imprenditoriale del Nord. La prima ferrovia in Sicilia compare nel 1868. Quel treno l’isola lo continua a perdere ogni giorno: non è terra da Alta Velocità, e l’Alta Capacità è decaduta. Forse un giorno non ci sarà più ragione di avere ferrovie in Sicilia...».

(nella foto: Salvatore Fergola, inaugurazione della Napoli-Portici, 1840)