Zerocalcare è l'ultimo ad aver dato forfait. Attraverso Twitter, ha fatto sapere che anche lui non parteciperà al 'Salone del Libro' di Torino dal 9 al 13 maggio. «Ciao, in effetti ho annullato tutti i miei impegni al Salone del Libro di Torino, sono pure molto dispiaciuto ma mi è davvero impossibile pensare di rimanere 3 giorni seduto a pochi metri dai sodali di chi ha accoltellato i miei fratelli, incrociarli ogni volta che vado a pisciare facendo finta che sia tutto normale» si legge nello screenshot della chat con il suo correttore di bozze, perché per raccontare la decisione, scrive nel tweet Michele Rech, «non mi bastano 140 caratteri a spiegarla». La polemica nasce dall'annunciata presenza della casa editrice AltaForte, vicina a CasaPound, che al Salone presenterà la biografia, firmata da Chiara Giannini, del vicepremier e ministro dell'Interno Salvini “Io sono Matteo Salvini. Intervista allo specchio".

IL COMUNICATO DEL SALONE. «Il Comitato di Indirizzo della 32esima edizione del Salone del Libro, chiamato a monitorare, nelle diverse fasi, la realizzazione delle attività culturali della fiera di maggio, sottolinea che il Salone ha scelto in piena consapevolezza di non diventare palcoscenico elettorale, al fine di non trasformarsi in una cassa di risonanza troppo facile da strumentalizzare; e ancora di essere plurale e aperto alla discussione, perché il dialogo è fondamento della democrazia» si legge nel comunicato rilasciato sabato. «Il Salone è quindi ambasciatore della Costituzione. E la Costituzione, al suo articolo 21, afferma che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione"» si legge nel comunicato. «È pertanto indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per questi reati di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri. Altrettanto indiscutibile è il diritto di chiunque di dissentire, in modo anche vibrante, dalla linea editoriale perseguita da un editore e dai contenuti dei libri da esso pubblicati. Quale migliore occasione del Salone stesso per affermare questa posizione promuovendo il dibattito sul tema».

ALTAFORTE RISPONDE. «Quanto sta avvenendo è allucinante, noi abbiamo solo intervistato il ministro dell'Interno. A leggere certi commenti sulla libertà di espressione mi viene da ridere. Ora c'è chi si ritira dal Salone: a sinistra, quando qualcuno viene da un altro contesto culturale, dicono “mi ritiro sull'Aventino"...», risponde così all'Adnkronos, intervenendo sulle polemiche in corso, Francesco Polacchi, numero uno della casa editrice al centro delle polemiche. «È gravissimo quello che ha fatto la sinistra negli anni - commenta il responsabile dell'AltaForte - l'occupazione di ogni tipo di spazio pubblico possibile, dalla scuola alla magistratura, all'informazione. L'egemonia di gramsciana memoria, un retroterra culturale che è ancora proprio della sinistra di oggi: hanno paura di perdere terreno nei confronti del populismo e così cercano di tenere gli altri ai margini».

CHI NON C'È. Anche la presidente nazionale dell'Anpi Carla Federica Nespolo ha annunciato, attraverso un comunicato stampa presente sul sito dell'associazione, che non sarà presente al Salone: «Comunichiamo che la presidente nazionale Anpi, Carla Nespolo, ha annullato la sua partecipazione al Salone del Libro di Torino dove avrebbe dovuto presentare, il 10 maggio, il volume di Tina Anselmi “La Gabriella in bicicletta", edito da Manni. Il motivo è legato all'intollerabile presenza al Salone della casa editrice Altaforte che pubblica volumi elogiativi del fascismo oltreché la rivista Primato nazionale, vicina a CasaPound e denigratrice della Resistenza e dell'Anpi stessa». 

Dello stesso avviso anche 'People', la casa editrice di Beppe Civati, che ha deciso di non presentarsi nello stand del Lingotto ma di essere comunque presente a Torino. «Condividiamo le critiche avanzate in questi giorni all’organizzazione del Salone», per lo «spazio concesso a case editrici e gruppi afferenti al neofascismo. Di fronte alla crescente ondata di violenza, di razzismo e di xenofobia che attraversano non solo il nostro Paese ma l’intero continente, non possiamo essere indifferenti. Come People, abbiamo quindi deciso di dimostrare fisicamente la nostra dissociazione da chi pensa sia normale dare visibilità e dignità di dibattito al neofascismo. Per questo, il nostro stand al Lingotto sarà lasciato vuoto per tutta la durata della manifestazione e saremo rappresentati solo dalla scritta “Stand against fascism" che intendiamo affiggervi» fa sapere in una nota pubblicata sul sito.

I primi a dissociarsi e ad annullare la presenza alla manifestazione letteraria sono stati i Wu Ming. «Ormai è noto: al Salone avrà uno stand Altaforte, di fatto la casa editrice di Casapound. Nei giorni scorsi questa notizia ha suscitato molte critiche ed esortazioni a tenere fuori dalla kermesse una presenza platealmente neofascista. E come ha risposto il Comitato d’indirizzo del Salone? Con un comunicato che in sostanza dice: Casapound non è fuorilegge, dunque può stare al Salone, basta che paghi».

Dal collettivo di scrittori, che doveva presentare un'antologia di scritti su Tolkien, in uscita per la casa editrice Eterea, fanno sapere che «a Torino si è compiuto un passo ulteriore nell’accettazione delle nuove camicie nere sulla scena politico-culturale italiana. Accettazione che da anni premia soprattutto i fascisti di Casapound, sempre intenti a rappresentarsi come 'carini e coccolosi', immagine che stride con la frequente apparizione di loro militanti in cronaca nera e anche giudiziaria – si veda, ad esempio, il recentissimo episodio di Viterbo. Accettazione che vanta ben più di uno sponsor, a partire dall’attuale ministro degli Interni, del quale Altaforte pubblica l’intervista-biografia, in bella mostra sul sito della casa editrice accanto a quaderni di 'mistica fascista' e biografie apologetiche di squadristi, gerarchi del ventennio, boia repubblichini e collaborazionisti vari».

CHI C'È. A causa delle polemiche scatenate da un suo post su Facebook, Christian Raimo - scrittore e consulente del Salone - ha annunciato sabato le sue dimissioni. Oggi, su Twitter, ha detto che a Torino ci sarà: «Io andrò al Salone del Libro perché c'è un programma meraviglioso che ha messo su il comitato editoriale, perché il conflitto è il fondamento della democrazia, per quella straordinaria comunità politica che è la repubblica dei lettori. Ci vediamo a Torino, sono tempi interessanti».

Per Polacchi, va considerato «il mandante morale di ciò che potrebbe accadere a Torino». «C'è il rischio di essere attaccati dai centri sociali - spiega il numero uno della casa editrice al centro delle polemiche- Si prevede un contesto burrascoso. Io non indietreggio ma con questo clima di caccia alle streghe temo ci siano rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico».

Anche Michela Murgia, scrittrice sarda, sarà presente al Lingotto e anche lei, tramite un post su Facebook, fa sapere la sua opinione sulla questione. «Se CasaPound mette un picchetto nel mio quartiere che faccio, me ne vado dal quartiere? Se Forza Nuova si candida alle elezioni io che faccio, straccio la tessera elettorale e rinuncio al mio diritto di voto? Se la Lega governa il Paese chiedo forse la cittadinanza altrove? No. Non lo faccio - scrive la scrittrice -. E non lo faccio perché da sempre preferisco abitare la contraddizione piuttosto che eluderla fingendo di essere altrove. Per questa ragione al Salone del libro di Torino io ci andrò e ci andranno come me molti altri e altre».

«Lo faremo non 'nonostante' la presenza di case editrici di matrice dichiaratamente neofascista ma proprio 'a motivo' della loro presenza. Siamo convinti che i presidii non vadano abbandonati, né si debbano cedere gli spazi di incontro e di confronto che ancora ci restano. Ci sono casi - casi come questo - in cui l'assenza non ci sembra la risposta culturalmente più efficace. Per questo motivo non lasceremo ai fascisti lo spazio fisico e simbolico del più importante appuntamento editoriale d'Italia. Saremo invece l'uno accanto all'altra per leggere, parlare, testimoniare e incontrare i lettori e le lettrici in un momento in cui ogni spazio democratico va difeso palmo a palmo. Personalmente non cancellerò alcun incontro, ma userò l'unico in cui presentavo un libro mio per leggere un testo che ricordi cosa ha fatto il regime fascista in questo Paese, chi ha perseguitato, chi ha ucciso, chi ha mandato al confino e quale responsabilità mai affrontata si porta addosso chi lo rimpiange».

Anche l'Einaudi parteciperà "con convinzione e impegno" al Salone del Libro di Torino. A darne notizia è la stessa casa editrice in una nota nella quale sottolinea che "pur comprendendo le diverse posizioni e i diversi punti di vista parteciperà al Salone del libro di Torino con convinzione e con impegno, nella certezza che contro qualsiasi oscurantismo, le parole, le idee e la presenza siano le armi più efficaci per la cultura e la democrazia".

I COMMENTI. «Raimo ha scritto un post molto grave, ha accusato me e altre persone di propagandare esplicitamente il razzismo, senza però portare prove o elementi che dimostrino la veridicità delle sue parole» ha dichiarato all'AdnKronos il giornalista e scrittore Adriano Scianca, che era stato indicato da Raimo tra i giornalisti che «con i loro libri sostengono un razzismo esplicito e formano think tank organici con il governo», nel post su Facebook poi cancellato. «Il post di Raimo - ha sottolineato Scianca - esprime il nervosismo di un certo mondo intellettuale del nostro Paese che teme di perdere l'egemonia culturale che esercita da sempre».

Dal mondo del giornalismo arrivano anche altre dichiarazioni. È il caso di Marcello Veneziani, scrittore e giornalista, che all'Adnkronos ha parlato di «discriminazione ideologica» che ha ancora «peso e circolazione nel mondo della cultura. È una storia di miseria e di censura». «Al Salone del Libro - racconta Veneziani - non vado e non sono invitato da anni, penso per ragioni di politicamente corretto. Assisto a questa levata di scudi con un senso di miseria culturale nel vedere che queste forme di discriminazione ideologica hanno ancora peso e circolazione anche nel mondo della cultura». Per lo scrittore «si adotta il sistema della proprietà transitiva: c'è un caso di cronaca di un militante che compie un crimine, e allora tutta un'area viene criminalizzata persino un editore, persino chi pubblica un libro non sapendo nulla di tutto questo contesto. E persino tutti coloro che sono semplicemente di destra o che appartengono a una cultura che non è allineata al politicamente corretto. E' una storia di miseria e di censura, non so come altro definirla, che non riguarda solo il Salone del Libro di Torino».

«Credo - afferma Veneziani - che l'obiettivo evidente sia Salvini e non sia né CasaPound, né l'editore Altaforte perché è lui l'oggetto del libro. Soprattutto in un periodo di vigilia elettorale gli animi si surriscaldano e le patologie della faziosità si accendono. E' anche un modo di agitare, come ormai si fa da diversi anni, l'antifascismo per squalificare tutti coloro che non sono allineati alla cultura prevalente», continua Veneziani. Che conclude: «Quando ho letto quell'infame lista di persone da escludere ho trovato anche conservatori e liberali che non hanno nulla in comune con la cultura di tipo fascista. Quando comincia l'interdizione si va poi a cascata, all'infinito come si faceva già dai tempi delle manifestazioni antifasciste degli anni Settanta e come si continua a fare anche adesso».