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il punto
07 Dicembre 2025 - 10:07
A leggere i dati Istat sulla “qualità della vita 2025”, da meridionali – il Mezzogiorno è sempre nelle posizioni di coda di tutte le graduatorie dei diversi indicatori – c'è poco da stare allegri. Sul piano nazionale la corsa a ritroso, sembra essersi invertita. Se, infatti, si confrontano i dati relativi ai tre anni di governo Meloni, con quelli degli anni precdenti, si rileva che - in diversi indicatori del sistema “qualità della vita”, qualcosa - per fortuna in meglio - è cambiato. Per carità, niente di trascendentale. Del resto non si recupera qualche decennio – se non di più - di ritardi,e di sprechi (vedi gli oltre 200 miliardi di bonus edilizi) in appena tre anni. Qualche luce, però, ha cominciato ad accendersi. Il buio lascia intravedere qualche bagliore e l'Italia la intrapreso la strada per uscire dallo stallo precedente e dare segni di vitalità, in particolare - per quanto riguarda questa nota - l'occupazione (arrivata, secondo gli ultimi dati Istat, al livello record del 62,7%, mentre la disoccupazione è scesa al 6%) e il sistema retributivo. (vero, i salari lordi sono calati, ma quelli netti sono cresciuti, grazie ai tagli sul: cuneo fiscale, l’accorpamento delle aliquote, il fringe benefit, la detassazione dei premi di produttività che incidono sul netto e non sul lordo)
Ma per questi il merito va riconosciuto alle confederazioni sindacali Cisl, Ugl e CISL Scuola, UIL Scuola Rua, Gilda-Unams, Snals-Confsal e Anief e altri sindacati autonomi che hanno detto “no” ai diktat imposti da Landini (con il silenzio assenso dei leader del campo(santo) Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni), non hanno aderito alla sua cosiddetta “rivolta sociale” e agli scioperi politici, accettando di firmare i rinnovi di alcuni contratti di lavoro: comparto Funzioni Centrali della P, A., istruzione, ricerca e sanità (quest'ultimo, però, senza neanche l'Uil) fermi da anni e non certo in nome dei lavoratori, bensì contro l'esecutivo di centrodestra. E, magari (perchè no?), anche la tacita “distrazione”, del Capo dello Stato e presidente del CSM che - stando al “Foglio”, rilanciato da “La Verità” - i “dem si sarebbero ricompattati dietro la Schlein, con la regia di Mattarella”.
Il che, se fosse vero, non mi stupirebbe affatto, anzi, farebbe il paio con il suo silenzio sulle continue disapplicazioni da parte dei magistrati delle leggi , soprattutto, relative all'immiigrazione del Governo Meloni, per altro, da lui controfirmate, a garanzia della loro costituzionalità. Senza aver mai provveduto, per nessuna di esse, a sollevare alcuna questione di legittimità costituzionale davanti alla Consulta. Il che rappresenta un affronto oltre che per l'esecutivo, anche per lui quale garante.
Per quanto attiene il Sud anche questo negli ultimi tre anni si rimesso in moto, per provare a risalire la china, seppure con molto più lentezza e pesantezza. Qui i ritardi accunulati in precedenza pesano ancora di più. Perché sonoo anche maggiorii. Di conseguenza pur essendo potenzialmente un notevole volano di sviluppo per se stesso e per il Paese e, pur ripartito, resta tuttora a distanza siderale. Perché i “no” nei suoi riguardi restano ancora tanti. Pensate a Schlein e Landini che continano ad opporsi alla realizzazione di quel Ponte di Messina - di cui si parla da prima dell'unità d'Italia - per collegare in modo stabile la Sicilia alla penisola italiana e all'Europa continentale - e rientra nel Corridoio Scandinavo-Mediterraneo (Scan-Med) delle reti transeuropee dei trasporti (Ten-T).
Ma non piace a Madam Elly e Pd, Conte e M5s, a Landini e Cgil (i cui scioperi negli ultimi due anni sono costati all'Italia ben 8 miliardi), e contro il quale hanno poortato in piazza 15mila persone che certo sono tante. Ma poiché ad organizzarle oltre Pd e Cgil, sono stati altri 5 sindacati, 5 comitati “no ponte”, 47 gruppi ambientalisti, e 36 associazioni, quel numero, più che quello di un successo ha la consistenza di un flop. Un flop che - vista la determinazione della maggioranza di governo di portarlo a conclusione – sarà sventato a dispetto dei “noisti” in servizio permanente effetttivo - rappresenterebbe l'ennesima dimostrazione che a lorsinistri il Sud interessa come al buongustaio “il cavolo a merenda”, ovvero per niente. Lo dimostra il fatto che, nonostante una legge approvata nel 1950 imponesse allo Stato e alle società a partecipazione pubblica, di destinare al Sud il 40% degli investimenti ordinari, nella realtà le risorse arrivate al Mezzogiiorno non hanno mai superato il - 0,5% di Pil, E sarebbe, quindi, una penalizzazione in più per l'Italia del tacco.
Ancora una volta, le verrebbero sottratte risorse (13/14 miliardi) per un investimento che già nell'immediato produrrebbe oltre 40mila nuove opportunità occupazionali e la consacrerebbe, grazie ai fondi già finanziati, Pnrr e al piano Mattei come volano e centro nevralgico dell'Europa mediterranea. Non sarà - visto che in passato prima il Pd (epoca Pci e Pds) e poi Conte e 5S ne hanno proposto la realizzazione – che non lo vogliano più, non perché non gli piace, bensì perchè non vogliono lo faccia il governo di centrodestra. Progressisiiti, si, ma dei tempi della controriforma.
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