È iniziata allo Scottish Event Campus di Glasgow la conferenza dei leader della Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Nella sala della plenaria si riconoscono tra gli altri il presidente Usa Joe Biden, l'inviato speciale presidenziale degli Usa per il clima John Kerry, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier indiano Narendra Modi (senza mascherina), il premier svedese Stefan Loefven, lo spagnolo Pedro Sanchez, il presidente del Consiglio Mario Draghi (con una mascherina Ffp2), il premier britannico Boris Johnson (con la mascherina), il principe Carlo e Camilla, duchessa di Cornovaglia, entrambi con mascherina. Una musicista sta suonando la bagpipe, la tradizionale cornamusa scozzese.

"Manca un minuto a mezzanotte e dobbiamo agire ora". Questo il messaggio del premier britannico Boris Johnson ai leader del mondo. Alla cerimonia di apertura, secondo le anticipazioni di Downing Street, il primo ministro dirà che l'umanità "ha da tempo messo a dura prova il cambiamento climatico", avvertendo che "se non saremo seri, sarà troppo tardi perché i nostri figli lo facciano domani".

TRE OBIETTIVI

Sono tre gli obiettivi che l'Unione Europea, la potenza 'erbivora' che fa da capofila nella lotta per tagliare le emissioni climalteranti, ha messo nel mirino alla Cop26, la 26esima Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si tiene a Glasgow e si concluderà il 12 novembre. Primo, fare quanto è necessario per mantenere il riscaldamento del pianeta intorno a 1,5 gradi centigradi, rispetto ai livelli preindustriali, come previsto dall'accordo di Parigi del 2015. E, per mantenere questo obiettivo in vista, servono più sforzi già in questo decennio, come ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Insomma, chi ha preso impegni lontani nel tempo dovrebbe presentare anche piani intermedi e concreti per attuarli, agendo già in questo decennio.

Secondo, mobilitare la finanza climatica, cioè gli aiuti finanziari dei Paesi più sviluppati (in gran parte responsabili del riscaldamento del pianeta) nei confronti di quelli più poveri, per aiutarli a passare ad un'economia meno inquinante, riuscendo a consegnare 100 mld di dollari l'anno già a partire dal 2022, e non dal 2023. Terzo, trovare un accordo sul 'rulebook', l'insieme delle regole che, su base scientifica, consentiranno di misurare le emissioni climalteranti e lo scambio di quote delle stesse tra i Paesi, evitando i doppi conteggi. E' la parte più tecnica e complicata del negoziato, ma anche quella sulla quale a Bruxelles si respira un certo ottimismo.