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l'analisi
03 Agosto 2025 - 10:56
L’irruzione a gamba tesa degli eurogiudici contro i centri per migranti europei in Albania e la lista dei Paesi sicuri definita dall'Italia, perché l'indicazione (ovviamenmte fonte Ong e social) deve venire da loro e non dai governi, da un lato azzoppa la lotta contro scafisti e trafficanti di esseri umani, dall'altra conferma che a politica sta perdendo spazio, diventando soltanto marginale. La sinistra esulta senza rendersi conto della gran puzza di regime giudiziario che emana da questa decisione. Ma nessun passo indietro sui centri in Albania, assicura il ministro Piantedosi. Per il “Time” settimanale Usa, la Meloni è “un leader il cui stile di governo può cambiare il mondo”; lo statunitense “The Hill” l'ha paragonata alla lady di ferro Margaret Thatcher, “partner forte e competitivo della Stanza Ovale”; e il settimanale francese “le Point”, la segnala come “un'acrobata” in grado di far prevalere il proprio “pragmatismo”.
E, per un Paese che per essersi affidato alla leader della destra doveva ritrovarsi isolato in Europa e nel mondo è un gran bel risultato. Soprattutto se a dirlo sono tre organi internazionali d'informazione fra i più significativi del mondo e non i soli e neanche i primi. Li avevano precededuti, infatti, il francese “Le Monde”, il quotidiano Usa, “The Politico”; il settimanale in lingua inglese“ “The Economist“; la copertina di “Valeurs Actuelles” settimanale conservatore francese l'ha incoronata “regina d'Europa”, e infine è arrivata la copertina di “The Times” che l'ha dipinta come “prima leader italiana seria”. Tutto ciò, a dimostrazione di quanto sia diversa la considerazione che la premier Meloni goda all'estero fra i giornali che continuano a sottolinerne la “centralità” in Europa e la “capacità” di “tenere unito l'Occidente” e in Italia, dove, più conquista spazio oltre confine e a 3 anni dalla sua elezione, anziché veder diminuire – come è sempre successo nella storia del Belpaese il proprio consenso fra gli elettori lo vede crescere.
A confermarlo, Desmopolis di Pietro Vento sia a livello di partito che personale (4 punti in più rispetto al 2022 per entrambi), 8 punti in più di Pd (22,5) e addirittura 18,2 su M5S fermo a12, pari Fi e Lega 8,8 e a 6,3 Avs. Più viene aggredita, insomma. dalla stampa maenstream italiota che gliene dice di tutti i colori, .più cresce nella stima degli italiani. “Il (dis)fatto quotidiano”, ha addirittra definito i suoi elettori “retttiliniani”, ovvero gente con il cervello piccolo come i rettili. Che vota per impulso primitivo e non per convinzione. Mi chiedo, se c'è qualcuno che non ricorda con quanta veemenza durante il pre trattattive con Trump per la definizione dei dazi Usa-Ue lorsinistrati hanno preteso che a trattare con il tycoon fosse soltanto la von der Leyen a nome della Ue, ora, però, se la prendono con Giorgia, per una sconfitta, cui non ha partecipato. ma che poi non è neanche così catastrofica, come vorrebbero far credere.
Il centro studi di Unimpresa alla luce dei settori coinvolti, fa sapere che “l'economia italiana ne risentirà in misura decisamente limitata” e il presidente dell'Unione industriali di Napoli, Iannotti Pecci, nei giorni scosi ha ribadito che “l’intesa Ue-Usa evita il rischio di dazi al 30%”. E intanto che i signori progressisti nostrani, senza un minimo di ritegno per le proprie colpe cominciano ad accarezzare l'idea di liberarsi della commisaria europea, che svela che l'accordo non è vincolante e, quindi, vale come “un cavolo a merenda” la Meloni e altri 10 Paesi Ue hanno inviato alla commissione una nuova proposta quadro – che dovrebbe essere operativa l'1 gennaio 2026 di protezione commerciale contro la sovracapacità siderurgica. Per la quale servirebbero almeno 25 miliardi di euro, che qualcuno pensa di stornare dai fondi europei o dal Pnrr.
Il che, per dirla in maniera spicciola, significa che l'accordo fra Usa e Ue sui dazi è ancora di la da venire. Fortuna che – come fa notare la Farnesina – l'Italia per quanto attiene l'export in Usa, può fare affidamento sul fatto che i beni da lei esportati, coprendo nicchie di qualità: auto, lusso, olio d'oliva, ecc. non sono sostituibili con produzioni interne e potranno subirne meno contraccolpi. Vedremo! Basta tetto agli stipendi pubblici. Una decisione legittima, quella della Consulta che ha deciso di cancellare il tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici, fissato in 240mila euro annui dal governo Renzi nel 2014 (poi rivalutato a 255mila) ma che – a due passi dal referendum sulla riforma della giustizia, forse finalizzata a far ritrovare l'unità all'Anm spaccata, per il buco nei conti di 590mila euro, già “investiti” nella compagna elettorale anti riforma appare un attimino inopportuna. Tanto più che i maggiori beneficiari ne saranno proprio i magistrati, i cui stipendi dovranno essere, stando alla norma Monti del 2011, equiparati a quello del primo presidente di Cassazione (311mila,658,23 euro), tra l'altro in attesa di rinnovo e, quindi, di crescere. Oltretutto, di superamento del tetto agli stipendi pubblici aveva già parlato nel 2024 il ministro della Pa, Zangrillo.
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