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21 Dicembre 2025 - 09:48
Elly Schlein e Giuseppe Conte
Una storia durata troppo a lungo, per essere considerata vera. E che non lo fosse, l'hanno dimostrato i giudici della Cassazione, per i quali i fatti percui la seconda sezione penale del Tribunale di Palermo aveva condannato l'ex ministro dell'Interno Salvini a 6 anni: aver impedito lo sbarco a 147 clandestini (fra cui anche minorenni) e rifiutato atti d'ufficio, non sussistono e, naturalmente, non sussistevano neanche al momento della condanna. Di conseguenza non aveva alcun senso neanche il ricorso avverso quella sentenza della Procura di Palermo e, la Cassazione l'ha bocciato, assolvendo, definitivamente, Salvini. L'augurio è che questa sentenza – che, in quanto emessa dalla Cassazione, fa giurisprudenza - metta davvero fine a quello scontro sui migranti fra magistratura e politica che porta vantaggi solo alle Ong. M, prima di passare ad altro, mi sembra giusto sottolineare il silenzio che urla dei giornal(i)oni mainstream e della sinistra italiota, che hanno finto – tanto per cambiare - di non accorgersi di questa assoluzione e neanche del successo strappato al Consiglio Europeo dalla Meloni sui fondi per Kiev. Forse, per non dover chiedere scusa?
Certamente lo ricorderete anche voi. Quando la Schlein, fu eletta con i voti dei grillini e grazie a un escamotage (le primarie aperte anche ai non iscritti) dei “capoccia” Pd, proprio perché a spuntarla fosse lei - nonostante sconfitta da Bonaccini, con il voto dei soli iscritti - la nuova segretaria del Pd, promise solennemente che avrebbe cancellato le correnti e messo all'angolo i “cacicchi” ovvero i "padroni delle tessere" di partito, senza ruoli ufficiali ma – grazie al controllo del territorio - con influenza e privilegi. Una volta centrato l'obiettivo, però, sentendo traballare la seggiola sotto il deretano, ha cambiato opinione. E per evitare rischi anziché azzerare le correnti, ha pensato bene – in vista dell'Assemblea nazionale di domenica scorsa. - di “assumerle” tutte al suo servizio. A cominciare da quell' “Energia popolare” che fa riferimento proprio a Bonaccini e premiare concedendogli la segretaria regionale campana, Piero De Luca, cogliendo, così, i classici “due piccioni con una fava” e assicurarsi anche i favori di papa Enzo, il caccicchio per eccellenza. Il tutto nella speranza di farsi designare quale candidata ufficiale del partito a premier alle prossime politiche, senza dover ricorrere al congresso. Ma dovrà vedersela con Conte che non sembra, poi, così tanto disponibile a cederle il posto. Insomma, quella che doveva unire il partito e federare il campolargo, ha finito per dividere il primo e , ridurre il secondo a un campo(santo).
Se da un lato, “Giuseppi”, che si ritiene il più accreditato pretendente premier della sinistra, garantisce che l'alleazan Pd-5S è, al momento, tutt'altro che sicura; dall'altra i riformisti del Pd - Picierno, Malpezzi, Gori, Quartapelle, ecc. - continuano a chiedere alla “capa” l'apertura di un confronto interno e non riuscendo ad ottenerlo invocano l'aiuto delle vecchie volpi del partito: Prodi, Gentiloni, Letta, Parisi, D'Alema, Del Rio, Fassino, ecc., per trovare una convergenza unitaria. Non facile. Anzi! Non foss'altro perchè la spaccatura fra i “nanimorettisti” della Schlein e i riformisti va facendosi sempre più profonda. Tant'è che i secondi accusano i primi, addirittura “di aver paura di deludere Conte” e i secondì temono che a trarre vantaggio da questa diatriba, possa essere proprio “Giuseppi”. Il quale ha dimostrato con i fatti che – quando si tratta di obiettivi personali - “l'alleanza giallorosa” non è poi così solida. Tant'è che ha imposto ai suoi europarlamentari di dire “si” alla revoca dell'immunistà per la dem Moretti.
E, per un partito che viene da così lontano e con la tradizione del Pd, dipendere dalle follie di madam Elly e dalle stramberie di Giuseppi, non può essere ritenuto un vanto. Di più, mutila quella centralità che l'Italia è riuscita – a dispetto dei menagramo e grazie all'esecutivo - a conquistare a Bruxelles in questi tre anni. Centralità conseguenza amche della stabilità e della compattezza afferta del centrodestra. Due potenzialità che hanno consentito il crollo dello spread Bund-Btp decennale dal 236 di prima del suo insediamento al 67 di oggi, con e l'inflazione scesa dall'11,8% d'inizio legislatura – all'1,1% di oggi (dati Istat) e il carrello dello spesa all'1,5%.
E nonostante i dazi – anche l'export è cresciuto del 2,3% . Ma dietro l'angolo un rischio c'è; la bassa produttività del nostro manufatturiero che dal 2014 al 2024 è stata pari allo 0,3% contro una media Ue a 27 dell'1,1. Un - 0,8 che mette a rischio la competitiva delle nostre imprese. Dopo 25 anni di costanti arretramenti, è indispensabile invertire la rotta. E' a rischio il nostro secondo posto nella graduatoria degli esportatori europei. Sicché per sostenere le imprese in questa battaglia di conservazione, ma soprattutto di crescita, il ministro del made in Italy, Urso ha assicurato che il bilancio ha previsto 13 miliardi di euro di agevolazioni per investimenti in beni strumentali avanzati e impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. E il Piano 5.0 sarà più semplice s accessibile per tutte le imprese, anche quelle energivore.
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