Sabato 21 luglio, alle ore 21:00, sullo splendido Molo Borbonico di Forio d'Ischia, restituito all’isola con una rinnovata funzione sociale e culturale, andrà in scena (l’ingresso sarà libero) lo spettacolo teatrale “Io sono Claudia 13.11.15”, scritto e diretto da Eduardo Cocciardo e dallo stesso interpretato (nel ruolo di Lorenzo) insieme ad Anna Monti (nel ruolo di Claudia) e Salvio Di Massa (nel ruolo del Messo). 

Prodotto da Ugualos Produzioni, lo spettacolo ha debuttato in anteprima nazionale il 19 maggio al Nuovo Teatro Sancarluccio nell'ambito del Maggio D'Arte.

Con due binari che non si incrociavano, che tracciavano una direzione (inesistente?), siti in un nessun luogo e che portavano in nessun luogo, due binari sullo sfondo della vita e di una scenografia teatrale, ci eravamo congedati dall’ultima rappresentazione di Cocciardo “Un Giorno all’Improvviso – Un Amore Contemporaneo”; ora, seguendo i due binari, quel luogo indefinito si concretizza in una stazione ferroviaria dal valore di “fermata”, di attimo di attesa e di riflessione prima di uno snodo, di un passaggio a livello, di uno “scambio” dell’esistenza individuale che, con i suoi turbamenti, si unisce, suo malgrado, all’esistenza collettiva e ai suoi drammi.  

"Sarà molto bello andare in scena al Molo Borbonico, dove lo scorso anno replicammo anche Un giorno all'improvviso - commenta Eduardo CocciardoUno scenario naturale che renderà tutto più magico, e ringrazio il Comune di Forio per la sensibilità verso certi eventi culturali. Dopo il debutto il 19 maggio al Nuovo Teatro Sancarluccio, nell'ambito del Maggio D'Arte, un'affascinante tappa estiva, quindi, prima di riprendere lo spettacolo quest'inverno, quando saremo in stagione al Sancarluccio. Al Molo cercheremo di portare al pubblico la magia del teatro di prosa. Lo spettacolo nasce da una particolare ricerca drammaturgica, legata al nostro passato teatrale ma rivolta al futuro di un'arte, e soprattutto di un sistema, che deve ritrovare, secondo me, il coraggio di rischiare, di dare spazio a nuove idee, ad una drammaturgia che cerchi di raccontare davvero l'uomo contemporaneo".

Così, in una cornice d’eccezione, Cocciardo ripropone il gusto e la scelta per le scenografie scarne, dove l'assenza ha la capacità di fare scena, e in tale spazio minimale colloca l’uomo contemporaneo, in una piccola stazione di periferia, dallo stesso definita “un luogo reale, ed allo stesso tempo indefinitamente simbolico”, dove “si incontrano per caso un uomo in crisi esistenziale ed una giovanissima sopravvissuta agli attentati (al Bataclan di Parigi - ndr) che hanno sconvolto la capitale francese” il 13 novembre del 2015.

L’incontro, casuale, di Lorenzo e Claudia diviene, quindi, il pretesto per raccontare la “casualità” della vita e delle sue mille sfaccettature, in uno scontro generazionale di illusioni infrante che, minando l’equilibrio individuale, non solo ha generato una frattura interna alla società occidentale stessa, ma ne ha anche accentuato la perdita di valori e della capacità di confronto e della vera comunicazione, esponendo (oggi), senza reali difese, l’Occidente agli attacchi e alle strumentalizzazioni di fanatismi ideologici.

Lorenzo soffre di problemi respiratori (utilizza un piccolo inalatore) e alla domanda di Claudia: “Asmatico?”, risponde con un netto ma esaustivo: “No. Disilluso”; una disillusione di chi non vive ma sopravvive accumulando ricordi, una disillusione che lo ha spinto ad aspettare un treno, il suo personale treno, per andare dove? … dove “non è importante”, “in un posto minuscolo”; ciò perché “nessuno di noi vuole davvero qualcosa di nuovo, vogliamo tutti che tornino certe cose che probabilmente non torneranno più”, perché “la ragione è una bugia che ti insegna a sopravvivere” e perché alle volte non basta voltare pagina ma si deve cambiare libro.

Claudia è una giovane che viaggia, o meglio fugge, dall’ipocrisia familiare (e del mondo in genere), una ragazza per la quale “nessuna donna è nitida se è una vera donna”, una donna che è costretta a diradare la nebbia che offusca la nitidezza della vita quando si trova coinvolta in una tragedia umana ben più grande di lei dalla quale è (suo malgrado) sopravvissuta.

Il confronto dialettico tra Lorenzo e Claudia impegna la prima metà dello spettacolo finché non è improvvisamente interrotto e “rotto” dall’ingesso in scena di un ottimo Salvio di Massa nel ruolo del “Messo”, figlio di una “missiva”, di un appuntamento fissato e di un accordo preso: “Io non faccio altro che cercare di avverare i desideri delle persone quando i fatti realmente dimostrano che lo meritano e solo lì in quel caso io mi vesto della loro coscienza e ne sposo la loro causa fino all’ultimo … ciò che è stato scritto resta sempre da qualche parte … nella coscienza … io sono la voce di chi non ha troppa voce per dire quello che vuole,   sono la forza di chi non ha troppo forza per fare quello che vuole ”.

Tutto lo spettacolo si muove su il confronto/scontro tra i personaggi, un confronto mai fine a se stesso o limitato alla loro personale vita, ma che approfondisce tematiche che seppur appaiono partire dall'individualità, analizzano stati d'animo e dinamiche di ampio respiro.  

Un dialogo crudo, netto, di taglio quasi cinematografico - si legge nel comunicato stampa - Parte dall'assoluta casualità di un incontro che sembra essere anche quello fra due generazioni separate da un ventennio di illusioni infrante, e va man mano immergendosi nel cuore dei due personaggi, e nell'evocazione delle tragedie dalle quali provengono: la prima, quella di Claudia, pubblica e spaventosa, si porta dietro lo spettro del terrorismo islamico, l'altra, quella di Lorenzo, più privata, intima, sintetico contenitore dei drammi individuali della nostra epoca, disincantata, sorretta dalla pura apparenza, crudele, falsa, tutto ciò che, a ben vedere, per un profondo vuoto di valori, ha fatto dell'Occidente il principale obiettivo della sanguinaria follia dei terroristi. Lo scenario, nella sua primordiale semplicità – una panchina, l'icona di un lampione, i suoni della stazione, il silenzio della campagna – vivrà solo di luci di taglio.  Tutto per creare intorno ai due protagonisti il vuoto ovattato che li metterà sotto una grande lente d'ingrandimento, come due insetti da laboratorio. Sbalzi d'umore e di registro. Commedia. Teatro politico. Cinema on the road. Dramma da camera. Surrealismo. Un testo contaminato, che ambisce ad un mix perfetto di emozioni e soluzioni sceniche. Sulla scia di Beckett e Pirandello (L'uomo dal fiore in bocca su tutti), Io sono Claudia rappresenta un importante passaggio nel particolare percorso che l'autore ha scelto di imboccare: dopo Un giorno all'improvviso – un amore contemporaneo, un teatro che stringesse ancora più il cerchio e la morsa attorno a ciò che l'uomo cerca testardamente di evitare, il dialogo, il confronto con l'altro, la ricerca di risposte, il coraggio di gettare uno sguardo all'abisso che si nasconde dietro le nostre maschere. Provare a riportare il teatro a ciò che dovrebbe essere per sua natura: crocevia di verità e menzogne, e luogo deputato per cercare una nuova chiave di volta”.

Se con “Un Giorno all’Improvviso” fu rivolto a Cocciardo un plauso per la sua voglia e il suo coraggio di mettersi in discussione con un proprio testo, dando nuova vitalità all’arte teatrale, dopo “Io sono Claudia 13.11.15”, l’attestato di stima va rinnovato e accresciuto ulteriormente per la caparbia ostinazione del suo autore nel ricercare, in modo sempre più netto e senza compromessi, una forma e sostanza teatrale di contenuto e di significato.

Marco Sica