VENEZIA. «Da questa esperienza non sono ancora uscito, questi incontri mi hanno cambiato la vita». Un Gianfranco Rosi visibilmente emozionato racconta la sua ultima fatica, “Notturno”, in concorso alla 77a Mostra del Cinema di Venezia. Il vincitore del Leone d’oro nel 2013 con “Sarcro Gra”, racconta la situazione del Medio Oriente, attraverso le storie di otto persone che vivono «una vita quotidiana in bilico sull'inferno» spiega il regista che ne ha curato anche fotografia e suono, mentre per il montaggio si è affidato a Jacopo Quadri, con la collaborazione di Fabrizio Federico.

«Il film nasce con una necessità: dopo Fuocammare andare dall'altra parte del mare, avvicinandosi ad un mondo complesso, per me sconosciuto nei luoghi, nei linguaggi, nei confini. Volevo raccontare una vita quotidiana in bilico sull'inferno e documentare dove finisce la breaking news del tg e dare il tempo alle storie» racconta il regista.

Un documentario girato in tre anni sui confini fra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano, per documentare la quotidianità che sta dietro la tragedia continua di guerre civili, dittature feroci, invasioni e ingerenze straniere, sino all'apocalisse omicida dell'Isis. Storie diverse, alle quali la narrazione conferisce un'unità che va al di là delle divisioni geografiche. Tutt'intorno, e dentro le coscienze, segni di violenza e distruzione: ma in primo piano è l'umanità che si ridesta ogni giorno da un notturno che pare infinito. “Notturno” è un film di luce dai materiali oscuri della storia. «Prima di partire, avevo immaginato che avrei filmato soltanto scene notturne. Come se immergendo nell'oscurità i protagonisti, me stesso e, di conseguenza, gli spettatori del mio film, avessi potuto comunicare il senso della mia/nostra ignoranza. Dal punto di vista formale, l'idea era seducente, ma, dopo i sopralluoghi, ho sentito che era giusto abbandonarla» prosegue Rosi, che è rientrato in Italia pochi giorni prima del lockdown. «In quei tre mesi di montaggio ho compreso meglio questa sensazione che in Medio Oriente avevo provato a catturare, di futuro sospeso, condizione che vivono abitualmente le persone che ho incontrato lì e che pensavo fosse solo di quei luoghi. Con il lockdown ho capito che quelle sono sensazioni universali».

E dopo l’esordio alla Mostra è il turno della sala da oggi con 80 copie distribuite da 01, prodotto da Rai Cinema e Donatella Palermo, per poi proseguire il suo cammino nei principali festival di tutto il mondo: Toronto, New York, Telluride, Londra, Busan e Tokyo. «Quando filmo penso sempre al grande schermo. È un punto d'arrivo questo, al di là della retorica del cinema che rinasce, che riparte, il film esce in sala e sapere di essere in tutti questi festival è bello, anche se non nascondo il dispiacere per i tanti bei film che sono rimasti fuori dalle varie selezioni ristrette, penso a Toronto ad esempio, dove quest'anno ci saranno solamente 50 titoli», commenta Rosi.

Oggi è il turno dell’ultimo dei quattro film italiani in concorso: “Le sorelle Macaluso” di Emma Dante. Sette anni dopo la sua opera prima “Via Castellana Bandiera”, la regista torna con un'opera che racconta il femminile in tutte le sue sfaccettature, tre generazioni di donne vissute all'ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo.