Bagnoli ignorata nel piano di rinascita e resilienza
Sono anni che nei programmi dei candidati alla carica di Sindaco di Napoli la questione di Bagnoli riveste un ruolo centrale, come se tutti, nel disegnare una prospettiva di sviluppo per la città, ritengano quest’area un elemento fondamentale e imprescindibile. Nel 1995 Antonio Bassolino, allora Sindaco di Napoli, annunciò coram populo che a Bagnoli ci sarebbero stati grandi cambiamenti urbanistici: «... Abbiamo a disposizione uno spazio enorme di quasi 300 ettari, possiamo trasformarlo nel più grande parco della città. Un polmone verde ancora più esteso dei Camaldoli e di Capodimonte. Ci riapproprieremo del mare, la spiaggia sarà ripulita. Potremo far sorgere una cittadella per la ricerca scientifica e aziende non inquinanti. Ci saranno turismo, lavoro per tutti, ma non si lascerà nessuno spazio a chi vorrà speculare sui suoli e fare qui una nuova colata di cemento.» Da allora la sinistra ha governato ininterrottamente fino ad oggi e dopo Bassolino si sono susseguiti la Iervolino, De Magistris ed oggi Manfredi che, contemporaneamente, è anche Commissario straordinario, ma i risultati sono stati identici per tutti, caratterizzati da una straordinaria continuità che è il nulla fatto di chiacchiere che ogni volta invece di riaccendere la speranza hanno l’effetto di farci capire di come ci illudono. La crisi dell’Ilva di Bagnoli e dell’intera siderurgia europea iniziò nel 1973 con il primo shock petrolifero e la conseguente diminuzione del consumo globale di acciaio ma solo nel 1990 vi fu l’ultima colata, imposta dall’Unione Europea, mentre i macchinari agli inizi degli anni 90 presero la via dell’India e della Cina. La dismissione degli impianti fu raccontata da Ermanno Rea in una celebre opera che diede anche l’idea di come quella non fu solo una semplice svendita di moderni impianti, ma rappresentò la fine di un modello di partecipazione statale all’imprenditoria che fino ad allora aveva garantito sviluppo economico e occupazione. In tutti questi anni le amministrazioni comunali di sinistra che si sono succedute hanno colpevolmente negato l'evidenza dei problemi, rinviato le soluzioni, dilatato i tempi di esecuzione. Siamo passati attraverso anni di commissariamento, dibattiti infiniti intorno al porto canale, alla bonifica, alla rimozione della colmata, alle varianti urbanistiche, poi abbiamo registrato inchieste giudiziarie, sequestri dei suoli, bandi di gara andati deserti, il fallimento della società pubblica di trasformazione urbana. Nel 2014, il Governo Renzi, con il decreto "Sblocca Italia", riconobbe l’area di Bagnoli come sito di interesse nazionale e decise che allo Stato venivano attribuite alcune funzioni per individuare e realizzare i lavori di messa in sicurezza e bonifica dell'area ma anche per definire gli indirizzi per la riqualificazione urbana dell'area. Dopo nove anni, però, tutto è più o meno come allora perché poco è stato fatto per dare impulso alla riqualificazione ed allo sviluppo di un'area strategicamente importante per lo sviluppo economico di Napoli. Oggi si dice che la bonifica dovrebbe finire nel 2029, ma intanto, nonostante manchino ancora tanti soldi all’appello, sia il governo Draghi che il Comune non hanno pensato ad inserirlo, se non per aspetti marginali, nel piano di rinascita e resilienza. Al momento le opere finora realizzate sono la passeggiata su un pontile che sarebbe stato meglio abbattere, l’auditorium della Porta del Parco, alcuni campi sportivi realizzati non a norma e privi di spalti, una pista di pattinaggio su ghiaccio costruita su una caldera vulcanica che raggiunge una temperatura esterna di 40 gradi, in definitiva sprechi e quasi nulla di utile se si considera che sono ancora da sciogliere i nodi fondamentali relativi ai trasporti, quelli sui collegamenti con la tangenziale e con la rete del metrò. Del parco verde promesso non si conosce ancora l’estensione, gli alberghi devono affacciarsi al mare ma nessuno sa, al momento, dove saranno costruiti, si insiste sulle residenze nonostante ci troviamo in una zona ad alto rischio sismico permanente, ed il porto? Tramontata la folle proposta del porto canale ancora non si capisce dove sarà insediato. La confusione, insomma, regna sovrana e lo scandalo Bagnoli è ancora lì tutto in piedi senza che nessuno, finora, abbia dimostrato di voler voltare pagina rispetto ad un passato fatto di sprechi dove sono stati letteralmente buttati dalla finestra centinaia e centinaia di milioni di euro. Dico questo alla vigilia di un incontro, più volte annunciato e richiesto da Manfredi con il premier Giorgia Meloni, nel quale, immaginiamo, si parlerà anche del dossier Bagnoli per il quale a tutt’oggi sono stati finanziati solo 450 milioni di euro a fronte di un budget previsto di 1,8 miliardi. Confidiamo, quindi, in Giorgia Meloni per uscire da tale labirinto che dovrà porre le giuste condizioni per procedere spediti per disinquinare l’area e per ripristinare la morfologia naturale della costa da riservare alla balneazione, restituendo credibilità alle istituzioni e fiducia ai cittadini.