Bocciate le Università: il silenzio dei docenti
Jattura, amaro destino o oggettiva, ineluttabile conseguenza di uno sfascio ormai generalizzato? È paradossale: nel momento in cui a Napoli si stanno svolgendo le Universiadi 2019 con ottimi risultati, tanto oro nel carniere, fa rabbia e rattrista il “racconto” di una insospettabile ricerca Censis, in cui le Università campane - esclusa quella di Salerno - risultano maglia nera nelle strutture, nei servizi digitali e naturalmente nella comunicazione. Né può servire a rendere meno amaro il verdetto, sapere che non riguarda la didattica e ricerca. Piccola consolazione se si considera che il passo è breve tra pessime strutture e inevitabile inadeguatezza didattica. A riguardo dovrebbe far riflettere non poco anche “l’ecatombe”, registrata in questi giorni, negli esiti poco fausti nelle prove scritte degli esami per avvocati con una percentuale di non ammessi all’orale del 60%. Eppure Giurisprudenza era una volta il nostro fiore all’occhiello. Prima di ogni altra valutazione, questa pagina nera potrebbe anche essere accostabile a quella sorta di perverso contagio, che Robet Putman anni fa indicò, statistiche alla mano, quale riflesso di “una poco felice condizione civica presente in un’area, che determina lo sviluppo socioeconomico della stessa nel presente e negli anni futuri nonché la capacità delle istituzioni locali di governabilità”. Giudizio confutabile, certo è che, da molto tempo in qua, è in atto uno “scollamento” in settori una volta trainanti come le Università. Un po’ similare al contesto critico della Sanità campana, dove l’impegno di ineccepibili professionalità è messo in cattiva luce da una pessima organizzazione, da pletorici assetti, conseguenti a infornate sconsiderate del passato, in anni facilmente individuabili. Per tornare però al tema odierno, dolente e specifico delle Università campane - grandi, piccole o medie accomunate dalla stessa infelice sorte - la odierna grave “retrocessione” è figlia di una serie di errori di varia natura gestionale e anche sistemica. Tre anni fa, nel marzo del 2016, ci fu un “mega- consulto” tra i Rettori proprio degli atenei, oggi sotto accusa, allora come auspicio di un migliore destino rispetto ai timori già incombenti di crisi, chiamato: “Primavere delle Università”, in cui si chiesero provvedimenti decisivi per evitare il peggio. Tra i tanti ritenuti prioritari, oltre una decina nel documento finale, vi figurarono, con la richiesta di finanziamenti programmati attraverso organici piani triennali, il rafforzamento generale del sistema, una maggiore e attrattiva offerta didattica con lauree professionalizzanti, un rapporto più stretto tra Università e mondo produttivo, non limitarsi soltanto alla formazione ma nel caratterizzarsi come veri agenti sociali. Si dice spesso “carta canta” per sottolineare il valore importante dello scarto tra richieste fatte e risposte avute. Oggi, per non lasciare nel vago indistinte accuse, servirebbe soprattutto questa verifica. Intanto non depone certo bene il silenzio registrato da parte di chi è stato chiamato in causa dalle pagelle del Censis, da far pensare addirittura che chi tace, acconsente. E ciò è davvero inaccettabile.