Cilento, che “scuorno”! Il turismo sempre in coda
Ogni anno, con l’inizio dell’estate, la televisione di Stato riserva agli utenti una striscia quotidiana di spettacolo sul meglio del passato. Si chiama “teche- teche-te”: è una sigla di divertente miscuglio lessicale - tra “teche e te” cioè: tieni, sei servito - rivolta a consolare chi resta senza big e star. Qualcosa di simile, ogni anno accade anche nel Cilento, per un “teche- teche-te” pubblicitario, in cui si esaltano miti e riti estivi, si percorrono e consigliano gli itinerari più accattivanti, naturalmente su tutti quelli enogastronomici, ravvivati da sagre di ogni specialità. Grazie a un “Grand Tour” di esperti, di narratori della buona cucina, di inviati speciali, il turista, da Paestum a Sapri, può così giovarsi di una vasta griglia di opportunità su due direttrici: interna e costiera. Di pari passo con la naturale, spontanea campagna degli operatori privati per vivere bene il Cilento - ci riferiamo ai tour operator, ai titolari di rinomati e celebri camping - v’è una promozione istituzionale parallela, che fa ricorso ad ogni suggestione grafica e storica per dire che qui c’è “Il Giardino delle Esperidi”. Insomma roba da far lasciare la città e precipitarsi nel Cilento per un viaggio da sogno. Ma poi? Poi, non è tutto oro quello che riluce. Basta uscire al casello dell’Autosole di Battipaglia per accorgersi che il “teche-teche-te”, altro non è che musica per gonzi, per allocchi. Dopo il primo impatto con la infernale litoranea pestana - un percorso bestiale, in mezzo a trabiccoli antidiluviani e a trattori da robivecchi - il peggio è subito in agguato ad Agropoli, sulla statale 430, la cosiddetta “Cilentana”, all’altezza di Prignano. Da quando uno smottamento ha spezzato la strada in due, è un calvario varcare la porta del Cilento: bisogna avventurarsi in una mulattiera, in un labirinto viario con code interminabili. Un disagio che dura e perdura da tre anni, sempre più insostenibile se si pensa che il Teatro San Carlo fu costruito in nove mesi, la Mostra d’Oltremare in un anno e mezzo, l’Autostrada del Sole in otto anni. Per ulteriore “scuorno” giova ricordare che, a pochi chilometri da qui, ad Ascea, nel VI Secolo a. C. si eresse la Porta Rosa, una genialità ingegneristica da primato, con un arco a tutto sesto tuttora godibile. Come si può presumere di ridurre i divari tra Sud e aree più dotate, quando non si riescono neanche a risolvere normalissimi inconvenienti, la cui soluzione potrebbe portare già notevoli benefici? Abbiamo esperti per ogni branca, anche sulle “migrazioni intelligenti”; bene, in una società come la nostra convulsa e contraddittoria, perché non si valuta l’opportunità di far intervenire il “genio militare”, dove ha fallito il “genio civile”? Troppi i ritardi. Questa frana è uno “scuorno”. Lo dico con rammarico da figlio adottivo dei miei stupendi luoghi dell’anima: Scario e Perito Belvedere sull’Alento.