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Città Metropolitana di Napoli, un fantasma evanescente

Opinionista: 

Al netto di come e quando si tornerà al voto diretto, il ruolo della Città Metropolitana di Napoli, specie negli ultimi mesi che sono stati caratterizzati dalla questione epocale legata alla nuova linfa proveniente dai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, avrebbe potuto e dovuto essere assai più incisivo. E invece, cosa è accaduto? Nulla. Purtroppo, l’ente cardine della Provincia di Napoli, che raccoglie circa il 60% degli abitanti dell’intera Campania, francamente somiglia ad un fantasma, evanescente, e per di più immobile. Eppure, forse per la prima volta, sta accadendo un fatto di notevole rilievo: finalmente, di alcuni comuni della provincia partenopea, in particolare di vari centri a nord di Napoli, si può parlare non soltanto per questioni di criminalità e dunque di necessità di maggiore sicurezza. Al contrario, alcuni di queste amministrazioni, per come hanno potuto e hanno saputo fare, lottando contro burocrazia e tagli al personale (spesso per la maggior parte in età da pensione), hanno saputo intercettare, molto spesso unicamente grazie alla loro capacità gestionale, parecchie decine di milioni di fondi del Pnrr per finanziare le più svariate iniziative. Dalle opere pubbliche ai servizi sociali, passando per l’ambiente, la videosorveglianza, il potenziamento della sicurezza e rafforzando spesso dei partenariati tra enti, e con l’ambito dei privati. Nei prossimi mesi avremo dunque nuovi spazi completamente ristrutturati o addirittura riconvertiti, nuove strutture per l’infanzia da gestire, luoghi della cultura da aprire al pubblico, spazi verdi restituiti alla nostre città. Si tratta con ogni evidenza di iniziative lodevoli, non c’è che dire. Ed ecco che, proprio questo elemento positivo, fa emergere in tutta la sua importanza la questione centrale che rischia di continuare a schiacciare verso il basso le potenzialità di ripartenza di quest’area nevralgica per l’intera Campania: a mancare, infatti, è la figura chiamata ad occuparsi del coordinamento di tutte queste iniziative. Poteva e doveva (e io insisto sul concetto che potrebbe e dovrebbe) essere compito, oltre che della Regione, soprattutto della Città Metropolitana anche in ragione della omogeneità, non solo geografica, di buona parte del territorio. Questo vale per la rete delle infrastrutture ma anche dei servizi rispetto alla quale la Città Metropolitana avrebbe il compito di svolgere una funzione di razionalizzazione e coordinamento in modo da favorire una presenza armonica delle strutture, utile ad agevolarne la fruizione da parte dei circa 3 milioni e mezzo di cittadini, superando così l’attuale situazione che vede la rete dei servizi disposta a macchia di leopardo. Faccio qualche altro esempio: in provincia, senza scomodare le solite Pompei o Sorrento, stanno emergendo una serie di realtà importanti sul piano dell’arte e della cultura. Mi riferisco in particolare a piccoli musei, siti archeologici cosiddetti minori (naturalmente rispetto ai principali due di epoca romana Pompei ed Ercolano noti in tutto il mondo), percorsi storico-culturali che si snodano nella natura e che sono gestiti in modo pionieristico e, probabilmente anche per questo, non riescono ad entrare nel circuito dei grandi tour operator. O ancora, relativamente all’ambito delle strutture congressuali, esistono spazi rigenerati e non ancora adeguatamente conosciuti (ancora una volta perché non pubblicizzati come si dovrebbe), al punto da restare addirittura inutilizzati, con il conseguente ingolfamento dei soliti due o tre centri che si trovano nell’area della city partenopea, e da sempre deputati ad ospitare convention. Di fronte a tutto ciò, l’impegno del sindaco metropolitano (il Consiglio, spogliato di ogni potere dalla orribile riforma Delrio, è un inutile orpello) dovrebbe essere quello di scuotere l’inerte macchina amministrativa (nelle cui mani sono concentrati tutti i poteri) per mettere in rete tutte queste iniziative, anche attraverso una vera e propria azione di promozione e finanche di ‘endorsement’, finalizzata a sostenere le realtà emergenti e meno conosciute del territorio. A partire da un censimento di attività e spazi già esistenti, oltre che naturalmente di tutte le opere in corso di realizzazione grazie ai fondi del Pnrr, che ormai, specie nei comuni di media grandezza (per estensione e numero di abitanti), quotano, per ciascuna città, mediamente oltre 50 milioni di euro. Va da sé che, per fare ciò, è necessario anche creare percorsi integrati che rendano questi luoghi materialmente raggiungibili attraverso il servizio di trasporto pubblico (magari finalmente efficiente), direttamente su scala metropolitana. Anche in questo caso c’è da realizzare una rete che riesca a collegare, a Napoli e tra loro, le aree interne. Invece è completamente assente, a monte, una visione più ampia pure in materia di trasporti e infrastrutture che, a regime, dovrebbero rendere finalmente l’intera Provincia di Napoli un’unica area vasta in cui i cittadini siano in grado di spostarsi agevolmente da una città all’altra, e da e verso Napoli, per lavoro, per la fruizione dei servizi, per il tempo libero. Una scommessa per il Nostro Posto? Direi di no, non possiamo continuare a immaginare la crescita del nostro territorio in termini di scommessa. Basta con fatalismo e improvvisazione. Occorre una politica, specie per quanto riguarda gli enti di programmazione, capace di visione e strategia, senza le quali non avremo mai la possibilità di garantire condizioni di sviluppo armonico e favorire il superamento delle diseguaglianze territoriali. Ecco perché, ancora una volta e partendo proprio dalle positività espresse dico basta al vittimismo e alle polemiche. Assumiamoci le nostre responsabilità, abbandoniamo il nichilismo immobile e proviamo innanzitutto a salire sul treno in corsa del Pnrr che, con molta probabilità, specie per regioni come la Campania, sarà uno degli ultimi a passare.