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Con Super Mario comincia la “Terza Repubblica”

Opinionista: 

Accade, a volte, che una persona mite, di indole pacata e tranquilla, sia protagonista di una rivoluzione che altri, di temperamento più aggressivo, non sono in grado di realizzare. Così di una vera e propria rivoluzione è protagonista Mario Draghi che, con il suo governo sta dando il via a quella che possiamo considerare la Terza Repubblica. Tramonta in tal modo definitivamente la più che mai infelice esperienza della Seconda Repubblica che, sorta per porre fine alle storture della Prima, ne ha accentuato ed esasperato i difetti. Si è tentato di creare una sorta di bipartitismo imperfetto nel quale dovevano fronteggiarsi due schieramenti, grossolanamente definiti di centrodestra e di centrosinistra, destinati ad alternarsi alla guida del paese. In realtà questo schema non ha funzionato per svariate ragioni tra le quali primeggia il fatto che i due schieramenti sono, al loro interno, tutt'altro che omogenei e, molto spesso, le loro componenti sono, addirittura, diametralmente opposte, tenute insieme dall'ansia l'una di mantenere, l'altra di conquistare posizioni di potere. In altre parole, la Seconda Repubblica non ha tenuto fede a nessuna delle ragioni che ne sono state all'origine facendo, anzi, quasi sempre rimpiangere la Prima, non foss'altro che per la qualità, certamente superiore, di coloro che ne erano protagonisti. L'esplosione della pandemia, evento drammatico quanto altri mai, ha fatto in qualche misura deflagare una situazione che andava facendosi sempre più insostenibile. Ma ecco che, all'improvviso, il precipitare degli avvenimenti è stato interrotto dall'apparizione sul proscenio di Super Mario, tenuto sino ad ora assurdamente nelle retrovie. Che Draghi fosse il "numero uno" non c'erano dubbi. E bisogna dare atto a Sergio Mattarella di avere avuto il coraggio di chiamarlo alla guida del governo dopo aver preso atto della impossibilità di dar vita al cosiddetto Conte ter. A Conte va reso l'onore delle armi, ma insistere sulla sua presidenza sarebbe stato un infruttuoso accanimento. Ora, con l'avvento di Draghi, si comincia daccapo. L'ex presidente della Banca centrale europea ha fatto saltare il banco e i vecchi partiti, con le loro mediocri diatribe, con le loro dispute penose sembrano appartenere a un remoto passato. Ora il problema è di non disperdere il patrimonio che con Draghi è stato acquisito e non certo per merito delle forze politiche. Non vorremmo essere accusati di confondere le cose serie con quelle fatue, ma se guardiamo alle prospettive che il nostro paese ha di fronte, ci vengono alla mente le parole di una canzone di Peppino Di Capri: "È l'ultima occasione che ci resta/ un tentativo per non dire basta!". Chissà se i nostri partiti e i nostri uomini politici si renderanno conto di questa realtà.