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Condono del contante, una misura di buonsenso

Opinionista: 

L a tracciabilità può essere un mezzo efficace di lotta all’evasione fiscale, come ha dimostrato anche l’introduzione dell’obbligo della fattura elettronica. Qualche riflessione va fatta, tuttavia, sull’introduzione di meccanismi che limitino l’uso del contante. Siamo, a tutt’oggi, uno dei paesi europei con maggiore ricorso al denaro liquido per le transazioni commerciali, specie per quelle di piccolo cabotaggio. Un popolo di piccoli risparmiatori, in cui figurano tantissimi soggetti, compresi pensionati e casalinghe. In pieno 2019, i soldi sotto il materasso sono ancora prassi per parecchie persone. Più della preoccupazione di nascondere risorse al fisco, pesa la diffidenza verso banche e strumenti di investimento, in uno scenario in cui la deflazione riduce al minimo gli interessi sui depositi, e le speculazioni di borsa determinano pericolosi alti e bassi, favoriti dall’inasprirsi delle relazioni internazionali, dalla Brexit alla guerra dei dazi. Incentivare il denaro elettronico, dunque, può risultare un’ottima soluzione per rendere più rapidi i flussi commerciali. Ma sanzionare chi paga in contanti, o fissare tetti ferrei all’utilizzo di moneta cartacea, può creare più danni che vantaggi. In un Paese in cui si
è fatto ricorso spesso esagerato ai condoni, penalizzando indirettamente coloro che le tasse le pagavano, sembra assurdo che non si pensi a una sorta di “condono del contante”. In questo caso la misura sarebbe al tempo stesso educativa ed efficace, perché eviterebbe di frenare i consumi in una fase pre recessiva, che di tutto necessita meno che di vincoli e rallentamenti. Penso a un periodo di tregua fiscale, in cui i cittadini col denaro sotto la mattonella possano, senza colpo ferire, investire importi consistenti in operazioni immobiliari o di altro genere. Oppure, possano appostare ingenti importi su conti correnti già attivi o creati ex novo. Questa fase avrebbe una durata limitata nel tempo e costituirebbe il presupposto per allargare, di qui alla fase successiva in cui l’obbligo di pagamenti digitali sarebbe definito con norme rigorose, la massa di denaro tracciabile, non più nascosto alla vista dell’amministrazione finanziaria. Il periodo di tregua fiscale permetterebbe oltretutto allo Stato di incassare gli importi aggiuntivi originati dal circolo virtuoso di spese (acquisto immobili, ristrutturazioni, immissioni sul mercato economico di miliardi di euro), e dalla stessa probabilissima creazione di nuove opportunità occupazionali. Potremmo così in un periodo relativamente breve avvicinarci agli standard raggiunti da alcuni paesi scandinavi, in cui la moneta contante è diventata l’eccezione, anziché la regola.