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Cronache dalla Romagna e dal “Salone del Libro”

Opinionista: 

Cari amici lettori, non è mia abitudine tornare a breve sullo stesso argomento, ma le cronache a volte lo impongono, come avviene oggi. Il disastro romagnolo.  Giorgia Meloni è tornata in fretta da Hiroshima ed è corsa “senza passerella” nella regione colpita. È andata senza chiasso a incontrare molte vittime dell’inondazione; ha visto e abbracciato anche Bonaccini ed anche questo fatto, pur se molto importante, è stato poco pubblicizzato. Eppure si tratta di un evento molto significativo, poiché sembra riportare a un tempo, quello di Almirante e Berlinguer, in cui c’era, tra gli avversari politici, un reciproco rispetto. Bonaccini, però, è il presidente della Regione, non il capo dell’opposizione, avendogli uno strano sistema di voto preferito Elly Schlein, di cui, appunto, c’eravamo già occupati a proposito di abbigliamento. Consentitemi di opinare che in questi giorni Elly dovrebbe solo tacere, se non vuole spiegare perché non ha speso tutti i milioni che la Regione aveva avuto per sistemare la situazione idrica. Dal 28 febbraio 2020, infatti, Elly rivestiva, oltre la vicepresidenza regionale, due assessorati nelle cui competenze rientravano, fra l’altro, transizione ecologica, patto per il clima, montagna e aree interne. Quindi anche la realizzazione, che in Romagna non c’è stata, delle casse di espansione. Si tratta di bacini che hanno la funzione di mettere in sicurezza i corsi di acqua e, quindi, di evitare disastri come quello ora avvenuto. Ora la Regione in questione ha restituito fra il 2021 e il 2022 al ministero delle Infrastrutture 55,2 milioni di euro dei 71,9 ricevuti dallo Stato proprio per la manutenzione e la messa in sicurezza dei corsi di acqua. I soldi, come riporta la Corte dei Conti nei suoi rapporti 2021 e 2022 sull’Emilia Romagna, sono stati restituiti perché la Regione non è stata capace di spenderli nei tempi previsti, come stabilito dai contratti di finanziamento a carico dello Stato. In verità, la Schlein, prudentemente, non ha toccato quest’argomento. Ma ha parlato dei fatti di Torino. In quella città si svolge annualmente dal 1988 il “Salone Internazionale del Libro”, finanziato abbondantemente con denaro pubblico e da molti anni gestito da personaggi del partito democratico. Qualche anno fa fu escluso dalla mostra un editore, ritenuto troppo di destra. Ora in quel Salone un gruppo di ragazzacce di sinistra favorevoli alla vendita dell’utero ha impedito la presentazione di un libro al ministro della famiglia Eugenia Roccella; il direttore pro tempore Nicola Lagioia non ha bloccato in modo risoluto la protesta, ma anzi ha legittimato i manifestanti. La Schlein, anziché condannare chi ha impedito la manifestazione e chi non ha fatto nulla per evitarlo, ha dichiarato: "In una democrazia chi sta al governo, chi sta al potere, deve mettere in conto che ci siano contestazioni, che ci sia il dissenso”. E poi: “Questo governo ha un problema surreale con il dissenso”. A me sembra surreale l’idea di Elly che la democrazia preveda la riduzione al silenzio di chi ha idee che non ci piacciono. Il dissenso è una cosa, la violenza un’altra. La Costituzione tutela non solo la libertà di opinione, ma anche quella di manifestazione del pensiero. Le ragazzacce potevano esprimere la loro opinione e continuare a farlo andando da qualche altra parte, non certo impedire alla Roccella di fare la sua presentazione. Qualcuno potrebbe meravigliarsi che una ricca signora svizzero-americano-italiana approvi metodi staliniani per imporre le proprie idee. Io no: tutta la sinistra, che fino al 1990 pendeva dalle labbra dell’Unione Sovietica, coincide oggi ideologicamente con la Silicon Valley. Dal capitalismo di Stato al neocapitalismo il passo è breve, con buona pace di Marx ed Engels. A parte questo, leggo che la signora designata a sostituire Lagioia approva il comportamento di quest’ultimo. Allora, signori del governo, fate qualcosa: abolite le sovvenzioni pubbliche al “Salone”, almeno fino a quando non sia diretto da una persona per bene che garantisca le manifestazioni di opinioni diverse dalla sua. I sostenitori della libertà di censura possono andare a lavorare, a loro scelta, in Russia o in Ucraina. Non gli conviene? Allora se ne stiano a casa, zitti e quieti. E, in questo frattempo, ridateci Peppone!