È cultura se genera cittadinanza “attiva”
Pensavamo che certe cose non si sarebbero pensate o dette mai più. Invece, ancora all’avvio del terzo millennio un ministro affermava che “bisogna imparare a convivere con la mafia” e un altro aggiungeva che “con la cultura non si mangia”. Sono due punti di vista deprecabili, ma che continuano ad essere oggetto di amare, purtroppo realistiche, riflessioni. Raffaele Cantone lascia l’Anticorruzione e ammette che se non si sente completamente uno sconfitto, poco ci manca. A Napoli, palazzo reale, la 2 giorni dedicata alla cultura, si conclude con l’enunciazione di tanti buoni propositi (le idee non mancano), ma con un bilancio del tutto magro rispetto a quanto fin qui le “sedi del sapere” hanno potuto realizzare. *** DISTANZE CHE PERDURANO. Vincenzo De Luca, presidente uscente della Regione (ma fortemente intenzionato a rientrarvi), ha avuto un’illuminazione: la democrazia è stanca, il pensiero sembra sparito (“si ragiona a colpi di tweet”); la qualità della vita degrada progressivamente, occorre mettere intorno a 6 tavoli tematici una pluralità di cervelli: intellettuali, operatori che non si arrendono alla crisi, addetti ai lavori dallo sguardo lungo. A sostenere che in Campania c’è un patrimonio artistico e creativo da salvaguardare e rianimare, viene il ministro Dario Franceschini che ammonisce: «La politica deve mettere al centro la cultura con investimenti capaci di rigenerare anche l’economia ». In suo onore, atto beneaugurante, si riaprono sale chiuse da 20 anni, compresa la sacrestia della Cappella Palatina. Ma le “stanze del servizio sacro” non zittiscono polemiche che subito riaffiorano. *** DE LUCA ACCUSA. Non basta un ministro a fare da scudo. Il Governatore se la prende con la borghesia che “si mette in maschera” e “tende a vivere all’insegna di doppiezza, opportunismo, ipocrisia”. Si copre le spalle citando Francesco De Sanctis che, ministro della Pubblica Istruzione, criticava le posizioni antiunitarie e le riaffioranti nostalgie neo borboniche. Tuttavia, volendo, il campano governatore avrebbe potuto ricordare che, in anni a noi vicinissimi, è stato Gerardo Marotta, fondatore dell’Istituto per gli studi filosofici, a stigmatizzare apatia - e attaccamento viscerale ai propri interessi - di una parte della “buona società” napoletana. Ma qui De Luca avrebbe corso il rischio di sentirsi chiedere perché, per tanti anni, i 300mila volumi della biblioteca marottiana hanno dovuto fare il malinconico giro delle 7 chiese prima di trovare un minimo di sede adeguata. *** UNA PRIMA RISPOSTA. Ecco la voce autorevole di uno studioso di rilievo internazionale, Marco Salvatore, il cui nome è legato alla omonima Fondazione e alla qualificante rassegna del “Sabato delle idee”. La borghesia non si sente coinvolta, la politica è come un autobus chiuso al quale si accede solo dall’interno. ”Se vuole migliorare”, dice il prestigioso uomo di studi e ricerche medico-scientifiche aperte a comprensione e sviluppo della società, ”deve selezionare e formare i propri quadri secondo criteri di valore e professionalità, e farlo senza perdere tempo. Solo così Napoli e la Campania si scrolleranno di dosso logori luoghi comuni che continuano a fare immagine non positiva. All’esterno il clichè di Gomorra è forte e grava pesantemente”. *** EDITORI CORAGGIOSI. In un campo editoriale che (specie dopo la crisi di Port’Alba cittadella del libro), sembrava diventato, alla Dino Buzzati, un “deserto dei Tartari”, luci promettenti si sono accese. Bene il salernitano festival della letteratura e l’imminente mostra dello scultore spagnolo Santiago Calatrava a Capodimonte (ma il direttore Sylvan Bellenger avverte che senza personale il museo rischia la chiusura). Ancora meglio i Saloni del libro: ai primi di aprile nella Stazione marittima di Napoli, a maggio la 33esima edizione al Lingotto di Torino. Continua la sfida di Rosario Bianco, Antonio Parlati, Alessandro Polidoro e Diego Guida che segnala questa opportunità: «In Piemonte, la Campania farà riscoprire autori e artisti, potrà rendere comune il proprio patrimonio di storia e di tradizioni. Consapevoli che, se si riducono i lettori, il nostro territorio si impoverirà sempre più». Un impegno lodevole che non merita il disinteresse delle istituzioni. Lo scorso Salone, a San Domenico Maggiore, ha registrato una notevole presenza di espositori, banchi di libri e visitatori. Deprecabile il disinteresse del Comune verso i servizi di supporto. *** CULTURA PER TUTTI. Sono oltre 130 le definizioni date al “sistema dei saperi” e delle conoscenze. Si parla di livelli alti e di elite o bassi e di massa, cultura accademica o militante. Se è facile censire i luoghi in cui si elaborano idee, principi e valori, meno lo è individuare i percorsi per arrivare ai naturali destinatari, tutto l’insieme dei cittadini (sempre che la cultura serva a unire superando storiche separatezze). Venne un tempo in cui, a Napoli, gli intellettuali si autodefinivano “cervelli sull’isola”. Punto di domanda: doveva la città andare incontro a loro o loro alla città? Ora è più matura la consapevolezza che la cultura deve agire sulle coscienze individuali affinché, in una città porosa perché fragile e liquida perché tutto scorre, possa formarsi una grande coscienza collettiva. Obiettivo ambizioso: una cittadinanza attiva, finalmente animata da grande spirito pubblico.