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Dall’opera buffa alla spy story “russa”

Opinionista: 

Cari amici lettori, voi ricordate che in precedenza ho richiamato l’opera buffa per qualificare le vicende congiunte del nostro sindaco e della capitana tedesca. Il genere, in verità, è molto più congeniale al nostro Giggino, trattandosi di uno spettacolo inaugurato a Napoli con il grande Giovan Battista Pergolesi (nato a Jesi, ma cresciuto musicalmente nella nostra città) e proseguito da maestri come Alessandro Scarlatti, Giovanni Paisiello e Domenico Cimarosa. La Rackete non può vantare nella cultura teutonica analoghi illustri precedenti. La sua vicenda, poi, si è sviluppata non in patria ma in Europa e in Francia. Non ricordo chi le vuol dare un Nobel. In Francia, il Comune di Parigi le assegna la sua massima onorificenza. Peccato che, come ha rivelato la stessa Carola, la sua richiesta di attracco, indirizzata al porto di Marsiglia, al Prefetto e al Presidente Macron, non ebbe risposta. La Francia non ha una letteratura spionistica di alto livello, paragonabile a quella dei paesi anglosassoni. I nostri cugini d’oltralpe lo spionaggio preferiscono farlo, anziché raccontarlo. Basti pensare a quello che hanno combinato in Africa i loro Servizi. Ora è molto verosimile che l’attacco portato a Salvini, grazie a misteriose spie, venga dalla Francia. A una loggia francese appartiene quell’avvocato Merenda che si dice sia stato espulso dalla loggia italiana quattro anni fa. Il mostro intercettato è quel tal Savoini che, a quanto dicono, non spiaccica una parola di russo. Ciò nonostante, egli conversava con tre russi non identificati di transazioni milionarie non portate a termine. L’obiettivo, ovviamente, è Matteo Salvini. Veneziani mi ha anticipato nel paragonarlo a Napoleone Bonaparte. Non che Matteo sia un genio come il grande corso, ma, come l’imperatore dei francesi, ha contro tutto il mondo tranne i suoi concittadini. O, almeno, quella maggioranza che non è complottarda e traditrice del nostro paese e della nostra civiltà. Gli altri non dovrebbero avere molta voce in capitolo. Non certo quei dem, eredi del partito che si nutriva dei miliardi sovietici e che la nostra magistratura riparò dietro lo schermo Greganti.. I dem nostrani somigliano a quelli statunitensi, che non hanno digerito la sconfitta di Hillary alle presidenziali e hanno imbastito un processo, anche lì per rapporti con Mosca, durato anni e poi finito in una bolla di sapone. Non sappiamo, ovviamente, come finirà. La nostra magistratura, anche se meno apprezzata di una trentina di anni fa, non è nuova a invasive e distruttive interferenze nel mondo della politica. Ci riuscirà ancora, nonostante Palamara? È possibile, ma non probabile. Ce l’hanno già contata e cantata per i 49 milioni del Carroccio, con i quali Salvini non ha avuto nulla che fare, essendo la Lega parte lesa nei confronti del capo e del tesoriere di quell’epoca antica. Stavolta i nemici di Salvini hanno temporeggiato, sperando che saltasse fuori un collegamento fra l’odiato Capitano e i pettegolezzi intercettati. Non l’hanno trovato e gridano, sperando di avere più successo dei loro colleghi statunitensi. Certo, hanno dalla loro gli alleati (?) di governo, simili (fatte le debite proporzioni) ai gerarchi del Gran Consiglio. Matteo, però, non è per nulla rassegnato. Speriamo che vinca anche stavolta, alla faccia di tutti quelli che, in Italia e nel mondo, gli vogliono male.