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Draghi, una risorsa da non “bruciare”

Opinionista: 

Un nome circola sempre più insistentemente: quello di Mario Draghi, ritenuto una sorta di "uomo della Provvidenza". Di lui tutti parlano come dell'unico in grado di trarre il nostro paese fuori dalla secche in cui lo ha precipitato la tragica vicenda del Coronavirus. Questo - sia ben chiaro - non vuol dire mancanza di fiducia nei confronti di Giuseppe Conte che assolve il suo compito di presidente del Consiglio con generosità e dedizione, bersagliato dalle critiche strumentali di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni, ma confortato dal consenso degli italiani che - stando ai sondaggi - al 70% mostrano di apprezzare il suo operato. Ma l'ex presidente della Banca centrale europea, già governatore della Banca d'Italia, è considerato alla stregua di un autentico fuoriclasse, l'assoluta numero uno del nostro paese. Premesso che nutriamo un certo scetticismo nei confronti dei cosiddetti "uomini della Provvidenza", è più che evidente che Draghi deve essere considerato colui che, più di ogni altro, è in grado di conseguire un triplice obiettivo: ottenere il più ampio consenso politico; far fronte alla crisi economica; garantire all'Italia rispetto e prestigio internazionale. "Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare" ammonisce una vecchia metafora sportiva. È più che comprensibile, allora, che l'opinione pubblica, preda dell'ansia e della preoccupazione per quel che accade e per quel che può ancora accadere, stanca (se non addirittura indignata) per le strumentali manovre partitiche, pensi che è assurdo tenere in naftalina un personaggio della caratura dell'ex presidente della Bce. Ma sarebbe probabilmente un errore, pur considerando tutti i vantaggi che la sua entrata in campo comporterebbe, abbandonarsi all'onda di una irrazionale emotività. Per portare Draghi alla guida del governo, si dovrebbe inevitabilmente passare per l'apertura formale di una crisi. Certo, se tutti fossero concordi nell'affidarsi a lui, si tratterebbe di una crisi breve che potrebbe risolversi nel giro di pochi giorni. Per breve che possa essere, tuttavia, la formazione di un nuovo esecutivo richiede ineludibili tempi tecnici e costituisce, comunque, un evento traumatico. Siamo nella condizione di poterci permettere un simile evento che, inevitabilmente, ci distoglierebbe dalla lotta contro il Coronavirus che, almeno per il momento, è l'obiettivo principale da perseguire? Intendiamoci. Questo non vuole assolutamente dire che si debba rinunciare ad avvalersi di un personaggio della caratura di Draghi. È vero il contrario, e cioè che la sua "utilizzazione" (brutto termine che, però, serve a rendere l'idea) deve avvenire nelle migliori condizioni possibili. Così, se oggi, senza provocare traumi, egli dovrebbe accettare il ruolo di grande ispiratore, soprattutto in campo economico, della politica del governo, è del tutto auspicabile che egli possa assumerne la guida quando, superata l'emergenza, si dovrà porre mano alla ricostruzione del paese. In questa fase, che ci auguriamo possa avvenire quanto prima, l'opera di Draghi sarà più che mai necessaria anche perché servirà la collaborazione di tutte le forze politiche e nessuno è in grado di ottenere un consenso più ampio del suo. Il che induce, sempre pensando all'ex presidente della Bce, a tenere d'occhio un'altra data, meno lontana di quel che si possa pensare: quella del 2022, quando scadrà il mandato di Sergio Mattarella e il Parlamento dovrà eleggere il nuovo capo dello Stato.