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Ex Ilva questione d’acciaio con un Governo di “latta”

Opinionista: 

Nella Taranto di lontana origine spartana, città dei 2 mari (Grande e Piccolo), c’è un nome imponente: il Gigante. Così i 200 mila abitanti chiamano l’ex Ilva, la grande fabbrica che appartiene alla storia della siderurgia non solo italiana. Da diversi giorni i suoi “rumori”, emessi dal fuoco e dal ferro, sono malinconicamente sempre meno “rumorosi”: un piccolo e breve addormentamento o un sonno senza risveglio? E’ l’interrogativo cui si lega il destino di 11 mila dipendenti e oltre 4 mila lavoratori “esterni” delle attività e aziende indotte. Il dramma di tante famiglie prende subito la via del Quirinale. Il presidente Mattarella chiede al Governo che la vicenda venga risolta in tempi brevi, altrimenti non resta che sciogliere il Parlamento e andare a elezioni anticipate. Palazzo Chigi sempre più attraversato da ondate di fibrillazione. *** UN CONTE “NUDO”. Il premier, pugliese-foggiano, corre trafelato nella sua regione. Si presenta a lavoratori e sindacati con addosso un “vestito di latta” e niente in mano. Sul volto i segni somatizzati del duro confronto con la multinazionale dell’acciaio proprietà del miliardario Lakshmi Mittal,69 anni, imprenditore indiano che vive e opera a Londra, mentre la sede della società è a Parigi. C’è disparità di forze. Uno ha alle spalle un Governo debole, nato da un pasticciato compromesso giallo-rosso che ha come collante solo la paura delle urne e del rientro in Parlamento a ranghi ridotti; l’altro fermo sui toni ultimativi perché, così dice, se lascia l’Italia sono già pronte offerte da altre Nazioni, a cominciare dall’India da dove proviene. *** POTERE DISEGUALE. Il Premier non nasconde la verità: ”Non sono un superuomo, non ho soluzioni in tasca. Taranto è ferita, ma sento che da qui può ripartire il riscatto di un’intera comunità”. Non precisa, però, se tarantino-pugliese o nazionale. Fa bene a scansare la retorica e a non sbilanciarsi troppo, anche se non esclude, con Arcelor, “una sanguinosa battaglia giudiziaria”. La Società non si spaventa. Mantiene rigidi e non negoziabili i punti della trattativa: ripristino immediato dello scudo giudiziario, esuberi e taglio di 5 mila dipendenti, sconto sull’annuale canone di fitto, altoforno numero 2 con piena facoltà d’uso e senza ingerenze di magistrati o ambientalisti. Cioè mano libera. *** TROPPE DIVISIONI. In Consiglio dei ministri, il pomo più avvelenato è lo “scudo”. Pd e Italia Viva sono d’accordo (Renzi lo aveva bocciato da Premier, ma la coerenza in politica è sempre pronta a cedere il passo all’opportunità). Di Maio alza un “muro totale” perché i grillini, a Taranto, si sono compromessi con l’opposizione a oltranza; nella seduta ministeriale, vistosi in minoranza, il “capo” dice ai suoi: alziamoci e andiamo via” (dove: all’estero come lo richiamerebbe ai suoi compiti “istituzionali” la Farnesina?).Conte -con popolarità discesa al 40 p.c.- costretto a fare l’asino di Buridano: a Roma si gira da una parte, a Taranto dall’altra. Nel vuoto l’appello ai comprimari politici: “Parliamo con una voce sola”. Ma il coro emette solo voci stonate. *** GIRO SU SE STESSI. Tutti (ci mancherebbe!), si dicono pronti a difendere gli interessi del Paese. Ma ancora con c’è una proposta simil-unitaria e condivisibile. Governo e partiti (tutti) sono distanti. E lo sono anche altri interlocutori non secondari. Si ipotizza la nazionalizzazione? Sùbito il pensiero va alla fine che fanno le Aziende se lo Stato veste i panni dell’imprenditore-gestore (no dei ministri per Economia e Sviluppo Gualtieri e Patuelli). Una cordata per salvare lo stabilimento? Scettico il presidente della Confindustria Boccia: ”Non so come si possa trovare visti i costi da affrontare. Se pretendiamo che, con le crisi in atto, le imprese debbono mantenere i livelli occupazionali e non finanziare se stesse, commettiamo un errore madornale”. Discorso rifiutato dai Sindacati che parlano di “bomba sociale”. Il leader della Cgil Maurizio Landini: “Il problema vero è l’accordo su lavoro, ambiente e salute firmato un anno fa, che va rispettato”. Tutti aspetti sui quali di viva sensibilità da non strumentalizzare. Uno studioso come Giuliano Cazzola se la prende con le “menate dei bambini che muoiono senza però documentare quello che si dice”. Esorta ad andare a “vedere dove i bambini muoiono davvero” per fame, sete, infezioni e veleni causati dai rifiuti nelle strade. *** LA LEGGE NON PARLA. E non sta nemmeno a guardare, anzi è molto attiva. Sette anni fa la Procura di Taranto sequestra l’acciaieria arrestando titolari e dirigenti: per tutti l’accusa è di aver inquinato l’ambiente. I grillini del luogo esultano e fanno dell’ambientalismo una battaglia che sul momento porta voti, ma che vede aggravarsi il problema lavoro. Solo dopo quattro anni viene indetta la gara internazionale, passaggio obbligatorio per rilanciare lo stabilimento e tornare competitivi sul mercato dell’acciaio. Arcelor Mittal si insedia nel 2018, ma dopo un anno il Senato fa saltare lo “scudo”. Dal 4 novembre l’addio. *** UN REFERENDUM? Potrebbe essere la via d’uscita. I partiti si libererebbero dell’assillo dei voti e il Paese riacquisterebbe un po’ di fiducia nella politica. Le grandi questioni non si dovrebbero risolvere tenendo conto direttamente della volontà dei cittadini?