Giggino1 e Giggino2: i fantasmi di De Luca
Asserragliato con un manipolo di fedelissimi nella Cancelleria di Palazzo San Giacomo, come Hitler negli ultimi giorni a Berlino, il Che Giggino assiste al dissolvimento del proprio potere costruito negli anni su festose bandane, pizzerie e baretti no limits h24, tuttavia fiducioso di poter ancora stravolgere le sorti della guerra, mentre tutto intorno è un rovinoso ammasso di macerie e polvere. Premurosa, continua ad essergli accanto Alessandra Clemente/ Eva Braun, perché Giggino l'- ha già incoronata prossimo sindaco di Napoli. Fuori, al di là di quelli che un tempo erano i rigogliosi giardinetti di Piazza Municipio, la città continua a vivere tra fatica quotidiana e una pandemia che non fa sconti a nessuno. E forse questa città non ricorda neanche più se de Magistris sia ancora il suo sindaco oppure no, perché non l'ha percepito durante il primo lockdown e non l'ha visto nei giorni che hanno preceduto il secondo. Però de Magistris è apparso in televisione 102 volte nelle ultime settimane "per non parlare di nulla ". 102 volte, le ha contate Vincenzo De Luca, presidente della Campania, al quale il solo sentir nominare il nome de Magistris fa venire l'orticaria e userebbe volentieri il lanciafiamme. Così come indirizzerebbe un bazooka verso Giggino Di Maio, che inizialmente ha messo la Campania in zona gialla, poi l'ha precipitata in quella rossa, mentre De Luca invocava invano da mesi la blindatura totale della regione. Insomma, è stato deciso tutto a Roma, ignorando le richieste dello sceriffo salernitano, che sabato 14 novembre si è accorto con amarezza di aver perso la stella del comando e così, mentre la regione diventava rossa, lui diventava viola per la rabbia. E non le ha mandate a dire, nè a Giggino1 nè a Giggino2. E, ragionevolmente, c'è da supporre che San Luigi Gonzaga non sia il preferito di De Luca, il quale, detto tra noi, non fa neanche più ridere nessuno e ha perso una delle sue peculiarità che ne avevano fatto un apprezzato one man show. Oggi De Luca, proprio come il personaggio di un romanzo di Marquez, si ritrova a essere una belva ferita nel proprio labirinto, inseguito dai fantasmi di Di Maio e de Magistris. E a noi mancano le sue battute fulminanti da consumato cabarettista, così come ci mancano le sue dotte citazioni di filosofo latinista. E in questo teatro, a margine di tutto, molto defilato, sonnecchia il centro destra e continua a essere il più affidabile spot elettorale per una sinistra confusa e disorientata, che si dibatte tra acquisti di inutili monopattini per sconfiggere l'epidemia e banchi scolastici con le rotelle che prima o poi dovremo pur smaltire in qualche maniera.