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Gli ospedali in Italia e i diritti del malato

Opinionista: 

Un mio nipote docente universitario, alle prese con una monografia su Alvar Aalto, ha voluto nel settembre 2019, che l’accompagnassi in un viaggio di quattro giorni in Finlandia per completare lo studio delle sue opere. Dopo avere visitate le opere realizzate a Helsinky andammo a Paimio, una cittadina di diecimila abitanti nella regione del VarsinaisSuomi, per ammirare il celebre sanatorio. È un’opera progettata con la metodologia basata sulla straordinaria cura del dettaglio, propria di Aalto, e su una profonda conoscenza della psicologia per cui i vari ambienti risultano definiti tenendo conto sopra tutto delle condizioni psico-fisiche dei pazienti, ai quali la malattia conferisce una ipersensibilità nei confronti degli stimoli provenienti dal loro spazio vitale. Lo studio del rapporto tra il malato e il suo ambiente ha consentito al Maestro di dare risposte ottimali agli interrogativi concernenti la forma, i colori, la luce naturale e artificiale, il riscaldamento e la refrigerazione dell’aria, l’isolamento dai rumori, le camere di degenza singole con proprio bagno, le sale operatorie e i servizi comuni. Risposte che hanno conferito alla struttura ospedaliera la capacità di trasmettere il messaggio vitale della “bellezza”. Che è lo scopo finale della progettazione architettonica. “La bellezza è lo splendore della verità” diceva Sant’Agostino. La ricerca della “bellezza” come fonte di benessere arriva in questo ospedale finlandese a forme impensabili in qualsiasi altro paese: le infermiere scelte fra tutte le etnie, finlandesi, ovviamente, ma anche svedesi, giapponesi, africane, brasiliane, di grande professionalità, gentilissime, premurose, sopra tutto bellissime perché la “bellezza” è stata assunta come coadiuvante terapeutico. Il direttore del sanatorio aveva letto e fatta propria la teoria di Esculapio secondo cui “Nessuna medicina può guarire ciò che non guarisce la bellezza”. Quest’opera di Aalto ha confermato la mia convinzione che la malasanità italiana si supera con la disponibilità su tutto il territorio nazionale di strutture efficienti, funzionali e produttive e, nel contempo, di alta qualità architettonica. Penso che sia un diritto del malato essere curato in un’ospedale immerso nel verde di un parco, lontano dai rumori e dall’inquinamento dell’aria, realizzato con materiali pregiati e durevoli, con degenze singole dotate del massimo comfort con bagno proprio, telefono e televisore, tenuto sempre in perfetta pulizia e nel quale sia trattato conjn umanità e la medicina non sia solo la cura della malattia o della lesione ma si occupi del malato nella sua interezza. Ha diritto alla medicina olistica. Potrebbe essere di una certa utilità ricordare che nel linguaggio cristiano di Immanuel Kant la forma della ragion pratica consiste appunto nell’apffermazione che un malato non deve essere trattato come un mezzo ma va riconosciuto sempre come fine. Ciò significa che egli non è un numero e che non è omologabile. Ne consegue che la omologazione, che comporta degenze a più letti e servizi igienici comuni, è una vera e propria aggressione del malato perché annulla il suo senso del pudore, costretto a spogliarsi alla presenza di estranei ; umilia la sua dignità , costretto all’esibizione del suo corpo, sia pure parziale e temporanea, per la somministrazione delle cure; violenta la sua privacy, costretto a esibire le proprie abitudini e le proprie debolezze agli altri malati, e viceversa, specie in occasione delle visite di parenti e di amici ; gli rende triste la degenza costringendolo alla vista quotidiana delle sofferenze degli altri malati, del loro dolore e, a volte, della loro morte. Quanto alla umanizzazione, assente in quasi tutti gli ospedali del mondo,Albert Schweitzer, l’apostolo di Lambarenè, diceva: “Mi capita di constatare che spesso più di una medicina vale una parola d’amicizia, un gesto d’affetto, una carezza amorevole a lenire un dolore e, a volte, a salvare una vita”. Nessuno dei più recenti ospedali del nostro Paese ha raggiunto la perfezione del sanatorio di Paimio. È auspicabile che venga raggiunta nei futuri ospedali.