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Gli slogan di Salvini e i nodi del centrodestra

Opinionista: 

Gli slogan di Matteo Salvini, la sua straripante presenza radiotelevisiva, la costante capacità di mettere a frutto tutti i limiti del governo Renzi hanno creato, anche nel Sud, un significativo, comprensibile interesse verso la Lega e le sue tesi. Salvini, oggettivamente, è arrivato là dove Bossi non aveva mai osato avvicinarsi. Ha rotto la grande muraglia del Sud, si è distaccato dai temi prettamente padani, confrontandosi con polemiche di stampo nazionale che, anche dalle nostre parti, hanno registrato, indiscutibilmente, una certa simpatia. Del resto, in Europa, lo sciovinismo e il populismo sembrano argomenti di facile presa e tutte le forze politiche che ne hanno cavalcato le dottrine, appaiono elettoralmente in forte crescita. Certo, si dirà, una cosa è il favore che accompagna gli indirizzi politici, altro è il voto. Ma nel colpevole deserto di idee del centrodestra, Salvini domina il fronte di guerra e si ha la sensazione che gli altri partiti della coalizione siano costretti ad andare un po’ a rimorchio delle tesi coraggiose del leader leghista. Ci sarebbero, probabilmente, gli estremi per assistere alla grande scalata del segretario della Lega Nord, a vederlo, in fieri, rivaleggiare con Renzi per la guida del Paese ma è una prospettiva fluida ed incerta che non trova, in tutto il centrodestra, radici consistenti. Berlusconi, innanzitutto, è convinto che Salvini vada tenuto in prima fila, sulla graticola, perché, prima o poi, si brucerà. Così come Roberto Maroni, forte del successo dell’Expò, ripete da giorni che il problema delle alleanze resta fondamentale, che va ricostruito un rassemblement di centrodestra con dentro l’Ncd di Alfano, in netta contrapposizione con gli slogan del suo segretario. In effetti, molti restano convinti che il segretario della Lega Nord sia semplicemente capace di mostrare i muscoli, di recuperare qualche ulteriore voto in chiave mediatica ma che non sia oggettivamente in grado di guidare il governo. L’antipatica polemica con la Chiesa e con Monsignor Galantino, l’ incomprensibile idea di bloccare il Paese attraverso gli scioperi, magari con una stretta intesa con qualche sindacato, la linea alternativa che, nel suo stesso partito, vanno proponendo i due governatori leghisti, Zaia e Maroni, fanno di Salvini, al momento, il cavallo che corre nervosamente in testa e che, prima o poi, dovrà defilarsi per lasciare il posto al vero vincitore. Il centrodestra, del resto, è lontano dalle logiche del grillismo e dei 5 Stelle. È una forza politica abituata a governare, a livello locale e nazionale, che spesso trae la propria linfa soprattutto dalla sua presenza nelle istituzioni. Non è quindi disponibile a vivere eternamente la stagione del dissenso, della protesta, dell’ indisponibilità. Si deve necessariamente porre, invece, sempre e comunque come forza di governo, in un difficile e complesso dialogo tra le varie anime che oggi lo compongono ma che possono rappresentare, insieme, l’unico, autentico ancoraggio per assicurare un minimo di competitività alla squadra. E le costanti polemiche di Salvini poco si conciliano, secondo i suoi partners, con un orizzonte che indichi chiare e credibili capacità per la guida del Paese. È un tema di grande interesse, perché dietro questa sfida si gioca il futuro del Belpaese. Se sia Renzi a guidare, almeno, il prossimo decennio o ci siano reali alternative alla sua leadership in un’Europa che non sembra ancora prenderci sul serio.