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I costi della crisi vengono pagati dai meno abbienti

Opinionista: 

L ’epidemia di Covid-19 ha profondamente modificato la struttura economica e sociale del Paese già stremato da decenni di stagnazione. In questo periodo, fatto salvo l’idea di contributi e ristori a pioggia che hanno avuto effetti quasi del tutto irrilevanti, i governi che si sono susseguiti dall’inizio della crisi sanitaria, non hanno mai adottatoscelte di politica economica capaci di salvaguardare il lavoro se non attraverso il blocco dei licenziamenti che non poteva durare all’infinito e che oggi, alla luce del suo superamento, inizia a mostrare i tragici effetti. I dati attuali sull’economia italiana ci dicono che si intravedono i primi segnali positivi ma che non siamo ancora ai livelli pre Covid e non abbiamo ancora raggiunto una situazione di reale crescita economica mentre, all’orizzonte, si ripresenta lo spettro di un ulteriore calo collegato direttamente ad una nuova fase di aumento di contagi che, secondo alcuni virologi, potrebbe acuirsi nel prossimo autunno. Questa situazione sta aggravando le differenze sociali con il risultato che i costi della crisi vengono pagati soprattutto dagli strati sociali meno abbienti e da chi non gode di adeguate tutele sociali, con effetti devastanti su quei territori che soffrivano già prima della pandemia di una economia asfittica. È il caso di Napoli e della sua area metropolitana, dove si registra un tasso di disoccupazione che non è mai sceso al di sotto del 20% in questi anni e che è aggravato dalla condizione oggettiva di una forza lavoro che in larga parte è di bassa scolarizzazione, priva di formazione professionale e, quindi, di adeguate competenze. Il Reddito di Cittadinanza non è stata la misura giusta per eliminare la povertà, come dichiarato dai suoi sostenitori, ed il suo fallimento è legato a tre aspetti: 1. la parte sulle politiche attive per il lavoro non ha prodotto alcun tipo di risultato; 2. non è stato in grado di offrire tutele a tutti i cittadini colpiti dalla crisi al punto che si è reso necessario introdurre una nuova misura come il Reddito di emergenza; 3. l’attuale impianto si presta ad abusi di cui sono piene le cronache. Il tema centrale della crisi, specie nella nostra area, resta però quello del lavoro che non c’è, un problema che riguarda sia i disoccupati di lungo corso che gli inoccupati, ed è su questo punto che si devono concentrare le attenzioni della politica per garantire una riduzione delle diseguaglianze sociali.In questo periodo caratterizzato da una forte recessione economica e da una crisi generalizzata nei settori lavorativi, è indispensabile lavorare ad ogni possibile opportunità di impiego puntando anche ad una riformulazione e riedizione dei cosiddetti lavori socialmente utili. Una opzione rivolta in particolare ai lavoratori disoccupati e privi di trattamento previdenziale, che possa puntare su questa forma di impiego anche come occasione di formazione professionale in settori innovativi attraverso la realizzazione di progetti di carattere straordinario e ordinario. Ne gioverebbe soprattutto la Pubblica Amministrazione, ormai sguarnita di lavoratori, in una fase così delicata per il paese, come quella che ci apprestiamo a vivere, dove diventa vitale la necessità di cogliere tutte le opportunità, specie al sud, offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Per il Comune di Napoli potrebbe anche essere l’occasione, se i progetti fossero rivolti anche a profili di carattere amministrativo oltre che alla manovalanza, per risolvere problemi annosi ed incassare anche soldi freschi in settori dove l’amministrazione in questi anni si è rivelata completamente inefficace.Penso, per esempio, all’enorme mole di lavoro inevaso per quello che riguarda le pratiche del condono edilizio, o alla possibilità di avviare un piano di caccia agli evasori dei tributi comunali con particolare riferimento alla Tari (Tassa sui rifiuti) ed alla Tosap (Tassa occupazione suolo pubblico).Una opportunità che potrebbe riguardare non solo il pubblico ma anche il privato, attraverso il coinvolgimento di aziende affidatarie di servizi pubblici attraverso la concessione di contributi economici per attivare e gestire lavoratori socialmente utili dando una ulteriore risposta a chi, ancora oggi, ha difficoltà a trovare un’occupazione.La ripartenza, se e quando ci sarà, avrà i suoi tempi di attuazione ed anche i suoi effetti sulla ripresa economica non saranno immediati. Troppo per una situazione di grande disagio sociale che necessita di risposte urgenti e che già prima dello scoppio della pandemia non trovava soluzione. In Campania, poi, il passaggio dei Centri per l’Impiego dalle province alla regione, ha finito per paralizzare del tutto un mercato del lavoro rispetto al quale De Luca e la sua giunta brillano per la loro assenza. Basti pensare alle tante crisi industriali (più di 120 aziende in crisi in tutta la regione) dove il Ministero del lavoro è stato lasciato completamente solo a partire dalla vicenda simbolo della Whirpool. Il prossimo sindaco di Napoli, quindi, potrebbe trovare proprio nell’impiego dei lavoratori socialmente utili una opportunità per rendere più efficiente la macchina organizzativa del Comune che oggi è, in tutte le sue articolazioni, completamente allo sfascio ed inefficace rispetto alla necessità di garantire servizi di qualità ai cittadini.