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I giovani ritrovino la memoria e le verità della storia politica

Opinionista: 

Gentile Direttore, tra i tanti accadimenti, molti buoni, per fortuna, come la strameritata vittoria con 5 giornate di anticipo del terzo scudetto del Napoli, del quale gustai appieno il secondo, essendo nel ’90 assessore allo Sport del Comune di Napoli, e tanti altri brutti, come l’immatura morte del caro amico e grande giornalista Massimo Milone, vorrei ricordare un tragico evento che maturò 45 anni fa, la strage di via Fani a Roma conseguente al rapimento del Presidente Moro. Era la mattina del 16 marzo 1978 ed io ero a Roma in missione da Capodichino con la mia bella divisa di capitano del Corpo del Commissariato Aeronautico; nelle stanze del mio Ministero giunse subito la notizia, accompagnata anche dal particolare che i brigatisti avevano agito vestiti da “avieri dell’Aeronautica” (si seppe in seguito che la divisa indossata era quella degli assistenti di volo dell’Alitalia, simile alla nostra). Lascio immaginare la costernazione ed anche un po' di… paura od imbarazzo nell’uscire fuori dal Ministero con indosso la stessa divisa usata dai brigatisti. Quel 16 marzo, così, mi si è cucito nella memoria, accresciuta anche dalle notizie che nei 55 giorni di prigionia del presidente Moro si snodarono in tutta Italia e nel mondo. L’altro ieri, martedì 9 maggio, è stato ricordato il sacrificio dell’Uomo di Stato, barbaramente assassinato da spietati killer, che vollero giustificare, ed ancora giustificano i loro efferati delitti, nel nome di una ideologia massimalista di Sinistra, ispirata ai cosiddetti “Rivoluzionari armati”, tipo quelli dell’America Latina, o gli stessi bolscevichi di staliniana memoria. Credo che le numerose commemorazioni avvenute in questi giorni siano state ancora una volta caratterizzate da strumentalizzazioni, tipiche del nostro antico vizio di voler essere tutti dei “detective”, come siamo tutti “intenditori di calcio”, il più delle volte superando anche l’intuizione e la prova raggiunta dagli “addetti ai lavori”. Tra i tanti commenti letti sui social non poteva mancare, ovviamente quello di un ex parlamentare grillino, che chiama in causa direttamente Andreotti e Cossiga, come coloro che diedero l’ordine di non fare irruzione in via Montalcini, dove presumibilmente era ritenuto prigioniero Aldo Moro, facendo ritirare dal posto le pattuglie scelte del generale Dalla Chiesa, onde decretarne, inevitabilmente la morte! Peccato che anni dopo la stessa figlia primogenita di Moro, Maria Fida, sia stata di diverso avviso, ma ancora il fratello di Moro, il magistrato Alfredo Carlo per anni ha sostenuto che la prigione di Moro non fosse in città a Roma, ma su un vicino lungomare, anche perché nei risvolti dei pantaloni dello statista fu trovata sabbia, e all’esame autoptico il suo corpo fu trovato in buona tonicità muscolare, come di chi passeggia molto durante la giornata, non certo rinchiuso in uno…sgabuzzino. Ancora mi arrabbio, dopo averne viste e trascorse tante, Direttore, di fronte ad una ipotesi bislacca, spacciata per verità. La cosiddetta “Vulgata di Tangentopoli” ha liquidato troppo in fretta e con tante falsità la storia della Democrazia Cristiana ed anche di altri partiti politici che hanno governato assieme ad essa. Non è giusto, però, che alle nuove generazioni, dopo 45 anni, si consegni solo il pensiero di pseudo-intellettuali ben ricchi della sinistra da salotto. Alle generazioni cosiddette “Zeta” ed “Alpha” (dai 16 ai 28 anni) molte volte viene raccontato o fatto leggere un resoconto giornalistico di quegli anni molto parziale, che collide tanto con la invocata “libertà di pensiero”, quando, questo, è unico e spacciato per vertà. Il secondo Presidente della Repubblica, il grande liberale Luigi Einaudi, diceva che la libertà intanto esiste, fino a che esistono uomini liberi, ma muore se gli uomini da liberi vengono trasformati in servi. Una grande dimenticanza, dopo il crollo della Prima Repubblica, c’è stata: ai giovani ed all’intera collettività è stata raccontata solo la parte finale della storica Dc, quella parte, cioè, che si era ormai snaturata dal suo ruolo e missione di ricostruzione dell’Italia, uscita disastrosamente da una guerra mondiale. La Democrazia Cristiana che io ho conosciuto e frequentato nelle sue articolazioni di base prima, nelle Istituzioni elettive, poi, era la Dc di Moro, Fanfani, Mattarella, Zaccagnini, De Mita, Scotti. A loro devo la mia preparazione politica, che mi ha permesso di passare indenne anche tra le “Forche Caudine” della Tangentopoli degli anni ’90, dove addirittura coprivo al Comune di Napoli la carica di assessore. Il fondatore della Democrazia Cristiana, Luigi Sturzo, che, non dimentichiamo anche questo, con la sua politica già iniziata dal grande De Gasperi, rese l’Italia ereditata dal Fascismo, ridotta ad un cumulo di macerie, come vediamo ogni giorno in Ucraina, negli anni ’60-’80 la quinta potenza mondiale economica, usava dire: “I giovani ritrovino la memoria e le verità della storia politica dell’Italia e del ruolo dei partiti nella ricostruzione materiale e morale del Paese”. Mi permetto, io, “aggiornando” il pensiero dopo più di 100 anni: “Per trarre ispirazione, fiducia e valori, al fine di un nuovo miracolo italiano economico e morale nell’era più delicata della transizione digitale”.