Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

I guaglioni di malavita spiegati con un calazio

Opinionista: 

Se siete napoletani la domanda che più frequentemente vi viene rivolta da chi è forestiero e vive in qualsiasi altro posto nel mondo è sempre la stessa: “Ma insomma, questa camorra che cos'è?” (Perché anche se vive a Medellin il vosto interlocutore vi chiederà con aria stupita cosa sia la camorra e la criminalità organizzata). Da qualche tempo io rispondo raccontando il fatto del calazio. Il calazio, come certamente sapete, è una specie di cisti che si forma sulla palpebra, fastidiosissima, e l'unica maniera per risolvere definitivamente il problema è rappresentata da un'incisione, un piccolo intervento effettuato dall'oculista. Il mio amico oculista mi disse: «Bisogna incidere e non posso farlo allo studio. Devi venire all'Asl dove lavoro, alla Masseria Cardone a Secondigliano». Chi è di Napoli sa cosa sia la Masseria Cardone e cosa rappresenti per noi (sì, il clan della scigna, il Bronx, la piazza di spaccio più grande d’Europa, eccetera eccetera). A chi è straniero io racconto il fatto del calazio e lui capisce. Vagamente, ma capisce. Dunque arrivo nel Bronx in autobus ed “entro”. Entro materialmente in un dedalo di vicoli, un labirinto che chi non lo conosce fa fatica poi ad uscirne. Giro, poi giro ancora, poi rigiro e ad ogni angolo, ad ogni angolo, c’è qualche gruppetto di ragazzi fermi, silenziosi e impegnati a guardarsi intorno. Sono le vedette, a questo ci arrivo anche io. Stanno lì di guardia, per 40/50 euro al giorno. E in questa città chi altri può garantire a questi ragazzi un lavoro da 1.500 euro al mese? Miracolosamente alla fine mi appare la palazzina dell’ambulatorio e estirpo il calazio. Poi l’oculista mi benda l’occhio decalaziato e vado via. Ora capite che se prima con due occhi non riuscivo ad orientarmi adesso sono definitivamente perso e non vedo un calazio. Infatti giro, poi giro ancora, poi rigiro e mi ritrovo sempre allo stesso posto. C’è un gruppo di cinque o sei persone ferme ad un incrocio e quello che mi sembra il coordinatore mi chiede: «Ma state girando da mezz'ora... Che avete perso?». Dico: «Scusate, mi sono perso io. Sono venuto all'ambulatorio. Come si esce da qui? Devo prendere un autobus». E lui: «Eh, già v'aggio visto prima». Poi si rivolge a uno dei guaglioni presenti: «Ciru', accumpagna 'o signore». Ciro in silenzio va avanti e io lo seguo. Ogni tanto si gira a controllare che non mi abbia perso e in venti secondi esatti usciamo dal labirinto e siamo alla fermata del bus. Ciro me la indica con un cenno della testa e si mette in disparte ad aspettare. Sapete quanto sia efficiente il servizio del trasporto pubblico a Napoli. Mezz'ora fermo ad aspettare. E Ciro è sempre lì, in disparte e in silenzio, a braccia incrociate, a controllare. Arriva infine il bus e mentre salgo faccio un gesto di saluto e abbozzo un sorriso a Ciro. Che resta impassibile, osserva e non saluta. Sul bus che si allontana mi giro a guardare. Ciro sta sempre lì, fermo a guardare, a braccia incrociate. E aspetta che il bus finalmente sia scomparso.