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I nuovi valori comuni contro la dittatura del web

Opinionista: 

Le ultime vicende americane sembrano il culmine (o comunque un apice) di un processo storico che ha preso forma nel nuovo millennio e, come già accaduto altre volte nel corso della storia dell’Occidente, dapprima in Italia. Il Movimento 5 Stelle è sorto raccogliendo, prima di ogni altra formazione politica significativa in un primario paese occidentale, lo scontento di quanti perdevano fiducia nei meccanismi della democrazia rappresentativa. Prometteva di dare voce agli individui unificati come “popolo” dalla rete internet, dunque ad una volontà generale non predefinita né intermediata, ma dinamicamente rilevata mediante il nuovo strumento della “rete”. Le tradizionali assemblee legislative non servono più; gli eletti sono solo dei “nuncius” della volontà determinatasi in rete; il parlamento sopravvive solo perché il popolo della rete non è ancora composto dalla totalità dei cittadini; “ognuno vale uno” e la volontà collettiva enucleata nella rete è la sintesi delle libertà politiche individuali. Massima eguaglianza e massima libertà politica trovano così realizzazione. Chi ha letto un po’ Rousseau sa che le sue idee tornano utili a simili concezioni. Secondo questo terrificante paladino della “vera” libertà, quest’ultima corrisponde al bene comune a sua volta individuato dalla “volontà generale”. La difficoltà nelle sue teorie stava nel come individuare tale bene comune, espressione della vera libertà, senza delegarne il potere di scelta ad un tiranno o una oligarchia. La rete ha proposto lo strumento per tale fine. Non dovrebbe dunque meravigliare che la piattaforma online dei 5 Stelle sia stata chiamata “Rousseau”. Anche per chi non amava le idee di Rousseau, era interessante seguire l’evoluzione dei 5 Stelle: la rete sembrava un punto di svolta, capace di riempire il punto dolente delle teorie roussoviane, allontanandone gli esiti liberticidi. I cosiddetti populismi del nuovo millennio hanno (quasi) tutti trovato nella rete il loro terreno di coltura, specie negli Usa. Trump non esisterebbe senza la rete. L’apprezzamento per i rappresentanti politici (cioè i membri del Congresso assaliti il 6 gennaio scorso) è il più basso nei sondaggi, da molti anni rimasto stabilmente sotto il 30%. Ci sono sempre più prove della “corruzione” del sistema e sempre meno risposte ai bisogni ed alle aspirazioni del “popolo” da parte dei rappresentanti politici. Le istituzioni tradizionali sono il “Deep State” oppressore. I “mainstream media” sono oramai inutili ed anzi dannosi in quanto strumento del Deep State: le notizie “vere” sono solo quelle che circolano liberamente in rete. Gli intellettuali, e gli stessi scienziati, sono l’oligarchia supponente che pretende di conoscere quale sia il bene comune, ma il cui vero interesse è di preservare il proprio potere a scapito del popolo. Ognuno di noi ha sempre meno bisogno di intermediari per capire e immaginare soluzioni per il governo del mondo. Anzi, il filtro dei politici, dei media, dei sapienti, rischia di tradirti e di asservirti ad una volontà esterna. Il grande pensatore liberale Benjamin Constant nella prima metà dell’Ottocento spiegò la differenza tra la libertà degli antichi e quella dei moderni. Disse che gli antichi (purché cittadini e non schiavi) godevano di grande libertà politica, perché partecipavano attivamente e in prima persona al governo della società. I moderni sono quotidianamente dediti ai traffici commerciali e ai godimenti dei beni e dei valori privati, godono dunque di libertà individuali (personali) inimmaginabili per gli antichi. I moderni, tuttavia, proprio perché preferibilmente si fanno gli “affari” propri, non esercitano personalmente le libertà politiche, bensì delegano a tal scopo propri rappresentanti, riuniti in assemblee che fanno le leggi. Rischiano dunque, se non sono vigili verso i propri rappresentanti, di perdere il controllo delle libertà politiche (che hanno delegato) e di conseguenza anche quello delle libertà individuali, garantite dalle leggi votate dai loro rappresentanti. I millenari (millennials) credono di avere oramai chiaro che i loro rappresentanti (e il circo dei poteri che li circonda) sono solo apparentemente tali. Hanno sempre meno fiducia in coloro ai quali hanno delegato l’esercizio delle libertà politiche (cioè fare e far applicare le leggi). I delegati, come temeva Constant, appaiono fuori controllo. Poiché poi non è nemmeno chiaro a chi tali delegati rispondano veramente, e posto che gli stessi politici di professione paiono deboli e per nulla autorevoli, è lecita ogni possibile congettura su poteri nascosti che tirano le fila di tali burattini politici. Le teorie complottiste abbondano e la rete, con i suoi percorsi “peer to peer”, è oramai l’unica e ultima assemblea permanente del popolo capace di smascherare i burattinai, o almeno che dia l’impressione di far comprendere la realtà che ci circonda e di ricercare genuinamente la verità ed i nemici della vera libertà. La libertà dei millenari è dunque assai diversa da quella dei moderni, perché una larga parte dei cittadini non ha più fiducia nella delega ai rappresentanti politici. È diversa anche perché strati sempre più ampi della popolazione vedono minacciate da “poteri forti”, dal “Deep State”, dagli intellettuali e dagli scienziati non solo la libertà politica, ma la stessa libertà individuale ed economica. Il cittadino medio, il tradizionale borghese, è sempre più un piccolo borghese senza titolarità di diritti effettivi, impacciato da mille leggi, regolamenti e convenzioni sociali astratte, dirette a confondere anche le verità per lui più evidenti: cioè che Dio esiste, che ci ha fatto diversi come uomini e donne e secondo razze diverse. L’individuo millenario scivola verso l’irrilevanza e la mera sussistenza economica, o peggio verso la povertà. Si sente titolare di libertà individuali svuotate ed insoddisfacenti: cosa serve la libertà privata se si disgregano, senza sostituti, i valori della famiglia e della “tradizione” e se la vera ricchezza è detenuta dall’1 per cento che decide il livello di ricchezza di tutti gli altri? I suoi traffici privati sono invasi dai poteri pubblici e dai poteri economici e tecnologici. La mano invisibile non è quella del libero mercato, ma delle forze che controllano il mercato, ed è altamente misteriosa ed inafferrabile (forse una rete internazionale di ricchi e potenti pedofili? Forse la grande finanza internazionale? Forse Big Pharma che controlla i vaccini? I Globalisti e la tecnologia 5G che diffondono il virus per creare una dittatura sanitaria? Silicon Valley che vuole prendere il controllo delle nostre vite, attribuendoci un reddito minimo come fosse un gettone per partecipare al gioco e così distrarci?). A questo genere di stimoli sembra ancora resistere una maggioranza dei cittadini. Ma pare lo faccia con la sola arma della pazienza, del buon senso comune e sorretta da un forza debole: cioè quella di avere ancora qualcosa da perdere se le forze del caos venissero sprigionate e dovessero prevalere. È una resistenza non basata su grandi progetti politici o su ideologie, ma sul pragmatismo, su un certo grado di tolleranza, sulla salutare disillusione nei grandi leader e su di un cauto e assai ondivago progressismo. Priva di una vera coesione intorno a valori “comuni”, zavorrata da una buona dose di egoismo e da solo tiepide idealità, rischia di non reggere dinanzi ad una crisi di poco più profonda rispetto a quelle che abbiamo vissuto dal 2008 sino ad oggi. Sembra dunque che gli uomini di buona volontà del nuovo millennio saranno chiamati a rispondere con qualcosa di più concettuale e robusto ad una crisi profonda dei criteri per il governo della società. Ci vorrebbero forse un nuovo Benjamin Constant, o un nuovo J.S. Mill, e anzi ci vorrebbe il contesto morale che ci ha dato il Benjamin e lo John Stuart. Sappiamo che Rousseau ci tradirà ancora, ma non sappiamo ancora a chi o cosa dovremo rivolgerci, né ci sentiamo sicuri di avere la volontà e le forze sufficienti da mettere in comune per ricercarli.