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Il “frastuono” della politica e le priorità comandate

Opinionista: 

Fa sempre piacere il “frastuono della democrazia”, della politica, quale prezioso contributo di idee, di voci, di più soggetti. A volte, però, questo “frastuono” sarebbe meglio se fosse finalizzato per “priorità” diciamo pure “comandate” da particolari congiunture e emergenze. Piuttosto che correre temi endemici da tempo sul tappeto, il cui rinvio non fa certo cascare il mondo. Questo per dire subito che, con tante grane vecchie e nuove aumentate a dismisura negli ultimi anni, non sarebbe stato e non sarebbe uno scandalo accantonare, ad esempio, la “questione dell’autonomia indifferenziata”, fatta diventare una questione di vita o di morte. Se ne parla da più di due secoli, dalla unificazione. Guido Dorso ha passato una vita ad accusare lo Stato Storico come un residuo da “ancien règime” anche per le bieche complicità del Sud, lo stesso fece don Sturzo, nemico giurato di uno statalismo accentratore. Il varo delle Regioni non si è forse avuto con oltre venti anni di ritardo, per il timore che potessero servire al Pci da cavallo di Troia per la conquista del governo nazionale? Ci sono tante altre cose, contemplate dalla Costituzione, rimaste in sospeso, c’è, insomma, sempre tempo per poterle recuperare. Nessuno, per carità, vuole ora disconoscere la portata storica di una svolta “autonomista”, se, però, il corso degli eventi richiede oggettivi e rapidi cambi di marcia , è giusto che si facciano senza “processi”. Soprattutto se obbligati dalla necessità tassativa di dover dare precedenza assoluta al Piano sovrano del Prr: il motore della ripresa. Si dice, si ripete che gran parte di come verrà organizzata, interpretata, vissuta la nuova normalità, dipenderà dalle soluzioni che troveranno successo sul territorio e da come il Pnrr e le sue risorse disponibili sapranno essere funzionali e coerenti con le migliori pratiche e esperienze, espresse nelle città, nei quartieri e nelle realtà locali, d’accordo! Se ora però si rende necessario un ministero apposito per il Pnrr e la sua eventuale rimodulazione con l’Europa, non più tabù in seguito a eventi imprevisti e calcoli da aggiornare, si proceda subito. Una permanente litigiosità politica non è di aiuto in questo percorso cosi insidioso. Troppe le divagazioni, le fughe in avanti, troppi gli atteggiamenti strumentali rispetto a una urgenza, dettata da criticità epocali in un Paese, molto fragile. Anzi fragilissimo per le inadeguatezze dei governi Conte, condizionati da un populismo, cui è stato concesso tutto, in cambio di un tesoretto di voti, che ha fatto comodo al Pd e ai suoi cespugli per andare al governo nonostante la severa bocciatura elettorale del marzo del 2018. L’Italia, come maggiore beneficiaria del Recovery Fund, è obbligata a sfruttare questa occasione, guai se dovesse metterla solo in discussione. Nei 209 miliardi destinati per infrastrutture, digitalizzazione, Sanità, scolastica, assistenza, transizione ecologica, più i fondi europei dal 2021 al 2027, sono 150 i miliardi che andranno al Sud oltre a quelli del Pnrr. Di fronte a una mole così ingente di fondi, le istituzioni coinvolte dovrebbero lavorare notte e giorno per essere pronte a poterli utilizzare. Invece? Non si vede una sostanziale “compattezza” di fondo, che di solito emerge nei momenti più critici di un Paese, indipendentemente dai legittimi distinguo politici. C’è sempre qualche tema pretestuoso a distoglierci da fondamentali finalità. A proposito di “priorità”, verso la metà degli anni 50, l’Italia iniziò un’avventura, che la portò a essere il terzo produttore al mondo di energia nucleare , dopo gli Stati Uniti e il Regno Unito. Oggi l’Eni è il più grande importatore al mondo di energia elettrica e molto di questa energia viene prodotta soprattutto dal nucleare francese. Tra i 50 e i 200 km dal nostro confine alpino , ci sono 11 centrali: francesi, tedesche, slovene, ma, nel giro di un anno, il Pun, il Prezzo Unico dell’energia elettrica stabilito dall’autorità “regolatrice” si è quintuplicato. Di fronte a una realtà così assurda e ai 21 miliardi del Governo impegnati per saldare il caro bollette, che cosa si aspetta per ricorrere a fonti più convenienti e utili, l’imprimatur del fondamentalismo ambientalista? Tornando all’autonomia indifferenziata, nel momento in cui l’Europa sottolinea che il programma dei Recovery fund ha un titolo inequivocabile come guida: “Next Generatin Eu”, cioè L’Europa delle giovani generazioni, sinceramente è anacronistico arenarsi in “vecchie e logore diatribe” e non misurarsi con il futuro.