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Il “massacro sociale” è stato quasi compiuto

Opinionista: 

Mi hanno molto colpito le dichiarazioni della ministra degli interni Luciana Lamorgese rese alla stampa qualche giorno or sono. Non si tratta di previsioni di un politico qualsiasi, ma del titolare di un dicastero chiave che parla del rischio concreto di un autunno nel quale potrebbe esplodere la rabbia sociale. La crisi profonda che ha toccato e sta ancora mettendo in difficoltà l’apparato industriale e produttivo del Paese potrebbe pesantemente incidere su una situazione sociale di povertà, disoccupazione ed esaurimento progressivo degli ammortizzatori sociali, diretta e imprevedibile conseguenza del peggioramento del quadro economico del paese. La ministra che, ovviamente, prende le difese dell’azione del governo, guarda con preoccupazione alla possibilità che la rabbia sociale possa tutta sfociare in azioni di violenza verso le forze dell’ordine. Mi pare, però, che Lamorgese, possa, nella sua qualità di autorevole ministro Giuseppe, farsi promotrice, insieme agli altri ministeri chiave (giustizia, economia, agricoltura, trasporti, lavoro, sanità, cultura) di un coordinamento che non guardi solo alla pur legittima difesa dell’apparato produttivo (e dei suoi imprenditori e padroni) ma anche ad una serie di non rinviabili interventi tesi alla salvaguardia dei posti di lavoro e del salario. Solo così si potrà porre in essere un patto di solidarietà, garantito dal governo, che guardi sia agli interessi del sistema industriale sia a quelli di milioni di lavoratori. Tutto questo, è bene ricordarlo, poteva già essere fatto. Ma non è stato così: il “massacro sociale” è stato già in massima parte compiuto. Apprendo, infatti, dal rapporto dell’associazione Lavoro&Welfare, presieduta da Cesare Damiano, che quasi due miliardi di ore di Cassa Integrazione (pari a un miliardo e 794 milioni di euro) si sono concentrate nel periodo del lock-down, il 1400% in più rispetto al 2019. Questo per quanto riguarda i lavori cosiddetti garantiti, ma c’è un esercito di lavoratori che hanno goduto della cassa integrazione in deroga (specialmente del settore del commercio e di quello turistico) e che hanno visto crescere le ore perdute arrivate a oltre 14.000. Infine, l’ultimo gradino, quello dei lavoratori saltuari e dei disoccupati e degli immigrati che sono restati senza copertura e che vagano da un centro di assistenza all’altro. Questo è lo scenario preoccupante dinanzi al quale si troverà il paese, specialmente nella sua parte più debole e indifesa, il nostro Mezzogiorno, per il quale, come ci dicono i fatti sinora inequivocabili, si prospetta un massiccio tentativo da parte dell’imprenditoria (nelle mani di quanto più retrivo ed egoista abbia manifestato la sua attuale presidenza) di fare man bassa delle risorse dirottate, come molti temono, verso il Nord del paese. In questa situazione si fa strada l’atteggiamento responsabile dei sindacati, ora come non mai uniti nelle tante vertenze antiche e attuali. Dinanzi a un non auspicabile scenario di lotte sociali che travalichino i confini dell’ordinata protesta e delle ragionevoli rivendicazioni, diventa centrale la scelta di un vero New Deal che abbia al suo centro un programma concordato di investimenti pubblici che garantiscano il giusto profitto degli imprenditori e la piena occupazione dei lavoratori e delle lavoratrici. Ma tutto questo non sarà realizzabile se manca l’osservanza di un principio ricordato, tra gli altri, da Massimo Recalcati: “Senza la solidarietà la libertà è una parola vuota. La salvezza o è collettiva o non può esistere”.