Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Il canone inverso dell’etica italiana

Opinionista: 

C’è un paradosso Kafkiano nella scelta degli inquirenti di denominare l'inchiesta sul furto di pensioni d'oro e dati personali di note vittime, col nome "Robin Hood". Uomini dello Stato, poliziotti e magistrati, abbozzano così al comune e populistico senso di giustizia, molto pericoloso in verità, su una casta pensionata, un'elite mascalzona che vegeta sulle tasse e sui disagi del resto d'Italia. Nell'accezione romanzesca, Robin Hood è un ladro gentiluomo che ripara le ingiustizie sociali, togliendo ai ricchi e distribuendo il maltolto ai poveri. Ora si può discutere quanto si vuole sull'abbrivio del decantato taglio ai guadagni dei parlamentari ed al loro numero, ma parliamo di due aspetti diversi, nella forma e nella sostanza, del problema della sperequazione sociale. Si può essere non d'accordo, ma di fatto, nella stragrande maggioranza dei casi, un parlamentare, per adempiere al proprio incarico spesso accantona una professione o un lavoro, che rappresenta la sua primaria fonte di guadagno. Per inciso, ben s'incastra il monito di Draghi a "fidarsi" del principio della meritocrazia e dell'esperienza professionale per scegliere amministratori sia pubblici che privati. In nome del qualunquismo imperante infatti sembra che basta inventarsi una "testa di cuoio" qualsiasi, secondo la generica metafora del rappresentante della società civile, per avere una classe dirigente in grado di risolvere le complesse problematiche economiche, politiche e legislative che agitano il nostro Paese. Molti sono i casi in cui, negli anni parlamentari, lo stipendio è risultato inferiore al mancato profitto professionale, ma per i "pensionati d'oro", managers o sindacalisti, le cose non stanno proprio così. Quando, ad esempio, Gamberale afferma di meritare in toto la pensione assegnatagli perchè ha versato regolari e sostanziosi contributi, dimentica che tale prassi, per normativa iniqua, è direttamente proporzionale agli esorbitanti stipendi percepiti, spesso ottenuti mediante deliberazioni di consigli d'amministrazione da loro stessi presieduti e manovrati. Per non parlare della strana, viziosa eccezione sindacale che consente a sindacalisti - il cui unico impegno è presenziare e vagabondare per la penisola in convegni, riunioni e dibattiti - di "gonfiare" il proprio trattamento pensionistico con bonus sindacali oltraggiosi e inoltre basando il calcolo sull'ultimo stipendio percepito e non sulla media degli ultimi 10 anni, come avviene per la quasi totalità dei loro "assistiti". Ricordo un paio di famosi sindacalisti, divenuti anche parlamentari, che dopo aver subìto un furto, hanno elencato nel novero della refurtiva, gioielli e opere d'arte di grande valore. È questa immoralità dilagante che offende e scandalizza l'opinione pubblica, non il fatto criminoso, ma l'immeritato privilegio raggiunto dalle "povere vittime"! L'imbarazzo etico italico non finisce qui. Che senso ha condannare presidi per incidenti ad alunni accaduti nelle loro scuole? Chi ha colpa per la fatiscenza e il degrado strutturale della maggior parte degli istituti scolastici italiani? Non basta la scarsa competitività culturale dello studio e programmi scolastici, colpevolmente manipolata dai governi: come si è potuto cancellare l'importanza educativa e la valenza generazionale di una materia come la storia? Non bastano le irrisorie risorse economiche per l'istruzione, ora i presidi sono anche "datori di lavoro" in un'azienda che non possono gestire economicamente, poichè i soldi sono accreditati al Miur. Viviamo in un paese in cui lo Stato, per manifesta incapacità, delega ad altri le responsabilità sociali primarie, come istruzione e sanità. Siamo alla farsa mediatica, all'elogio dell'ignoranza e del pressapochismo, all'offensivo riconoscimento del valore del "copia e incolla": curricula fasulli, pubblicazioni che fanno incetta di parole altrui, senza neanche il rispetto del dovuto virgolettato. Il diritto d'autore, la difesa del pensiero espresso e scritto, rappresentano un'altro mistificante e velleitario valore, in questa corsa dove la libertà delle parole si tramuta in una continua rapina intellettuale, nella costante applicazione di un canone inverso amorale e diseducativo.