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Il cesarismo politico e il tasso di democrazia

Opinionista: 

La politica italiana torna al lavoro nella spirale dei suoi rebus e anima la lunga volata verso il traguardo regionale. All’interno di molti partiti è ancora suburra. E le più recenti polemiche sul cesarismo politico sembrano non conoscere fine. Si tratta, in effetti, di un fenomeno indotto dai partiti personali, quelli che non si identificavano più in un messaggio identitario e sociale ma, solo ed esclusivamente, nel nome del proprio leader che troneggiava all’interno del simbolo. Da lì al partito individuale il passo è stato breve e il personalismo, in molte realtà, ha finito per prevalere. Ed oggi, lo scontro frontale che si registra nel Partito Democratico è solo il preludio ad una rottamazione anagrafica che, alla luce della nuova legge elettorale, appare più che scontata. In effetti, la politica dovrebbe avere leggi diverse. Non è, oggettivamente, la giovinezza la garanzia delle tue capacità, né, tantomeno, la vecchiaia l’unico discrimine. C’ è gente che ha ancora molto da dire e da dare ma la sensazione che emerge è che ogni rivoluzione, anche la più morbida, si porti dietro le sue vittime e i suoi carnefici. Altro discorso per Forza Italia che ha registrato, nei giorni scorsi, il malinconico passo d’addio di Bondi e della sua compagna, critici verso il cerchio magico di Palazzo Grazioli. C’è chi viene rottamato e chi si rottama da solo. Quando Bondi imperava, quando pretendeva di misurare umoristicamente il tasso di berlusconismo dei parlamentari, tutto gli andava bene, per carità. Anche l’ingresso al Parlamento della sua metà. Appena questo legame si è sfilacciato, il suo quoziente di berlusconismo ha rapidamente sfiorato lo zero e la coppia ha deciso, al di là di tutto quel che ha ricevuto, di trasmigrare altrove, iniziando a parlare di una linea politica non condivisa. Una storia che deve sicuramente far riflettere sullo stato comatoso della politica italiana. Ma altri temi contemporanei battono alle porte. La democrazia delle scelte e il modello organizzativo dei partiti. Sinceramente, non è vero che prima inutilmente si discute e poi si fa quel che ha già deciso il leader. Nel luglio del 1990, ricordo distintamente l’uscita dal governo di cinque ministri della Sinistra di Base, ben al di là delle scelte dell’antica Democrazia cristiana. Tra di essi, l’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Decisioni autonome, forti, motivate politicamente, nonostante la mediazione fosse l’humus sul quale si costruiva la linea politica. Oggi, alla luce di tempi nuovi in cui il decisionismo funziona, tutto viene travolto, ogni cosa giustificata con la rapidità delle scelte e chiunque si oppone appare solo il vecchio, il retrivo, quel che resta di una realtà da spazzar via, subito, senza tanti complimenti. Attraverso una legge elettorale dove il leader deciderà personalmente chi portarsi in Parlamento, la democrazia delle scelte appare, ormai, un oscuro inganno. Gli organi sembrano, ormai, svuotati di ogni funzione. Non si vota più contro, al limite non si partecipa. E la libertà, il pluralismo, la sovranità popolare restano semplici parole, prive di significato autentico.