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Il genocidio che non conta

Opinionista: 

Il genocidio è una pratica certamente esecrabile, integrando una delle più gravi offese non soltanto all’umanità, ma anche alla creazione divina. Ciò nonostante, gli uomini ricadono periodicamente in questa barbara usanza; si noti che sto usando l’aggettivo barbara nella sua accezione dispregiativa, poiché in realtà i popoli che si definiscono civili sono ancor più proclivi degli altri al genocidio. Lo prova l’impressionante frequenza e gravità delle stragi, commesse per motivi etnici e religiosi, nei tempi moderni. I media politicamente corretti, sempre miopi e strabici a utile dei loro padroni, danno risalto esclusivamente alla shoah, quasi che Hitler e il nazismo siano gli unici autori di genocidio nella storia dell’umanità. Orbene, quest’anno ricorre il centenario dello sterminio del popolo armeno, di religione cristiana, per opera dei musulmani turchi. Nel 1915 l’eliminazione del popolo armeno fu scientificamente pianificata dal governo ottomano e affidato all’O.S. (Organizzazione Speciale), una struttura paramilitare, dipendente dal Ministero della guerra, con la collaborazione del Ministero della giustizia e la supervisione del Ministero degli interni: soltanto in quell’anno i morti furono oltre un milione e mezzo, vale a dire i due terzi degli armeni residenti nell’Impero ottomano. Dopo i primi massacri, i sopravvissuti furono costretti a una terribile marcia verso il deserto, nel corso della quale furono depredati di tutti i loro averi e moltissimi persero la vita; quelli che giunsero al deserto non ebbero alcuna possibilità di sopravvivere, poiché furono gettati in caverne e bruciati vivi oppure annegati nel fiume Eufrate e nel Mar Nero. Il massacro fu preceduto da altri sanguinosi pogrom nel 1894-96 (ordinato dal Sultano Abdul Hamid II) e nel 1909 (organizzato dal governo dei Giovani Turchi); fu seguito poi da altre persecuzioni per opera del governo di Kemal Ataturk, che si rifiutò, al pari di quelli successivi (ivi compreso quello attuale di Erdogan) di riconoscere questi misfatti. Ancora oggi in Turchia parlare del genocidio degli armeni è considerato un reato di attentato all’unità nazionale. Molti intellettuali, per averlo fatto, hanno subito processi e sono stati condannati; alcuni sono stati costretti all’esilio. Perché, a parte la ricorrenza del centenario, il genocidio del popolo armeno è, oggi, di estrema attualità? Perché è stata inaugurata al Vittoriano una mostra (“Armenia. Il popolo dall’Arca”, aperta al pubblico fino al 3 maggio), ove una sezione tratta della persecuzione turca. All’inaugurazione hanno presenziato le autorità diplomatiche armene, ma si è notata la completa assenza del governo italiano. Hanno avuto paura? Ma come, siamo ancora al “Mamma, li Turchi”! Eppure Renzi il coraggioso (lo dicevo la settimana scorsa), in Russia per chiedere aiuto a Putin, mise (come per sfregio) i fiori sulla tomba dell’oppositore assassinato. Un altro fiore per la tomba dei due milioni di armeni massacrati gli sarebbe costato troppo. Dobbiamo rispettare la Turchia che perseguita i cristiani e aiuta l’Isis contro i curdi. Poveri cristiani votati al martirio in mezzo mondo! Sì, anche gli ebrei sono perseguitati (mentre con i nostri soldi lo Stato italiano finanzia Hamas), ma gli ebrei hanno un governo che permette loro di difendersi, mentre i cristiani italiani hanno una specie di Stato che chiede invano all’Onu di difenderli. Speriamo che l’analoga iniziativa di Papa Francesco (il quale finalmente ha raccolto ufficialmente il grido di dolore dei vescovi che invocano soccorso dai luoghi del martirio) abbia maggiore successo, sostenuta com’è da quel Putin che noi (e l’Europa della Mogherini) ci ostiniamo a combattere. Ma cosa vogliamo dal povero Renzi? L’Italia non esiste più, non ha più un esercito (a parte le costosissime e inutili “missioni di pace”), non ha più servizi segreti (demoliti da provvidenziali interventi della magistratura), non ha più un popolo (i neonati chiamati Mohammed o Ahmed sono più numerosi dei Francesco e dei Giovanni), non ha più un’economia (quella che non hanno preso i tedeschi appartiene ormai all’emiro del Qatar, padrino dell’Isis, e ai suoi compari), non ha più che gli occhi per piangere dopo aver pagato le tasse. E indovinate chi ha fatto ricchi i musulmani? I nostri padroni che, per non rinunziare ai profitti sul petrolio, non hanno mai permesso che le invenzioni di motori puliti (ce ne sono che vanno ad acqua e perfino ad aria, inventato, quest’ultimo, da una scienziata italiana) arrivassero sul mercato. Ma quel che è peggio, non abbiamo più cultura. Mentre il maestro Muti (e con lui Giuseppe Tesauro, consigliere del San Carlo) denunzia la paurosa crisi delle strutture musicali, le organizzazioni musulmane premono perché nella scuola pubblica siano ammessi ad insegnare gli imam. Il governo non ha ancora detto di no. Cosa facciamo? Insegniamo la sharia e la jihad nelle scuole?