Il giallo di una scissione per evitare le elezioni
“Imisteri sono fatti e vicende che non si sono spiegati, ma lo sono ancora di più quando è palese la volontà di non averli voluto capire e spiegare”, lo diceva Georges Simenon, il sovrano degli scrittori investigativi, padre dell’immortale commissario Maigret. Una tara, riguardante in particolare la politica, dove alligna una vocazione genetica ad alimentare i misteri, a insabbiarli , a sorvolarli, con l’apporto di diffuse indulgenze, essendo quasi sempre scomodi. Stavolta vorremmo partire da un mistero politico italiano di qualche anno fa, di fine maggio 2018, quando, dopo due e più mesi di trattative segrete e roventi, tra M5S e Lega, il Colle, alla fine, diede via libera al loro governo. Perché mistero? Perché in quel connubio, oltre a non quadrare la folgorazione di due forze antitetiche e antagoniste tra loro, destò sconcerto il successivo accordo con uno strano, balzano “contratto” di governo, di natura privatistica, in cui ciascuno declinava le proprie convenienze. In barba ad ogni auspicabile visione di Paese, si è visto poi con quali disastrose conseguenze. Roba da brividi rispetto al modello di democrazia parlamentare rappresentativa, dove ogni accordo di programma tra forze diverse, si è fatto sempre precedere da un preambolo di sintonia sui principi. Si disse allora che era stato Mattarella a volerlo e, in parte, è vero. Però a confonderlo furono Berlusconi e la Meloni. Il primo disse sì a Salvini, garantendogli una opposizione benevola con l’intenzione era di bruciarlo e ci è riuscito; la seconda mostrò addirittura disponibilità nel valutare, di volta in volta, i provvedimenti sostenibili dell’esecutivo giallo-verde. Di fronte a una maggioranza di governo M5S-Lega, già autosufficiente anche se per un soffio, l’apporto di una opposizione “costruttiva”, fece schizzare il consenso al 70% e Mattarella dovette cedere. Così ciò che parve il classico colpo di testa, un mistero del Colle, poi si è venuto a sapere che ebbe altri “responsabili”. Ora, da giorni è riaffiorato un altro, gigantesco mistero, sempre sul ruolo del Quirinale, in seguito all’uscita di Renzi dal Pd, guarda caso, solo dopo qualche settimane dal varo del governo Conte bis tra M5S e Pd. Un giallo inconsapevolmente riaperto da un rifaccio del premier Conte a Renzi, accusato di scorrettezza per “non averlo informato delle sue intenzioni”, cui ha aggiunto, una sibillina: “Se lo avessi saputo prima...”. Giusto, giustissimo. Prima però di informare lui, correttezza istituzionale voleva che venisse informato innanzitutto il presidente Mattarella, il quale però anche a cose fatte ha continuato a tenere un rigoroso riserbo, come larga parte del mondo dell’informazione. Poiché una scissione di tal peso non poteva maturare dalla sera alla mattina ma è stata a lungo meditata, è naturale oggi che si affollino tantissimi interrogativi sui suoi “tempi ritardati” e sospetti. Difatti se fosse scoppiata nei giorni delle consultazioni, avrebbe fatto saltare ogni ipotesi di governo e, di conseguenza, portato, al voto anticipato. È mai possibile, concepibile che, nel corso di numerose consultazioni del Colle, in cui sono state ascoltate anche le “statue parlanti”, nessun avesse notizia di una scissione, data per certa? Neanche la cosiddetta diplomazia quirinalizia, sempre così vigile e anticipatrice di succose “primizie e tardizie” nel corso di questi anni? Un mistero da far discutere sulla vulnerabilità delle nostre istituzioni, soprattutto su certi passaggi cruciali. Berlusconi, da premier di un grande Paese, fu spiato anche nella tavernetta di casa, ad Arcore, per svelarne desideri e voglie.Come mai oggi per cose molto più importanti, ad esempio una “scissione” di partito, hanno tutti tenuta la bocca chiusa, nessuno sapeva, mentre si sarebbe dovuta sapere per tempo anche per fare scelte coraggiose e non da ignavi?