Il lupo e Renzi diventato agnello
“Superior stabat lupus………” torna di attualità la favola immortale del “Il Lupo e l’agnello” del grande Fedro. E questa volta, chi l’avrebbe mai detto, solo tredici mesi fa, nelle vesti dell’agnello sacrificale c’è Matteo Renzi. Sul piano delle mie sensibilità, umane e politiche, il soggetto non mi è mai stato troppo simpatico. Tanto più quando tutti correvano, spintonandosi, per trovare un posto sul suo carro vittorioso. Non descriverò le ragioni delle antipatie e delle simpatie, umane e politiche. Dirò solo che al tempo della sua irruzione sul campo apparve come protagonista inevitabile, addirittura salvifico, nel pantano in cui avevano ridotto il Pd, ed il centrosinistra, Bersani e Letta. Ai miei occhi partigiani gli riconobbi il merito di aver mandato a casa, allora, Massimo D’Alema, al quale attribuisco la responsabilità di aver determinato il declino del centrosinistra, con o senza trattino, quando nel 1998, mi ripeto, utilizzando la “santa follia” di Cossiga e l’ingenuo massimalismo di Bertinotti, determinò la caduta del primo governo Prodi. Allora Romano Prodi rappresentava un valore aggiunto per il centrosinistra. Dopo questi meriti iniziali, di cui alla vittoria clamorosa alle elezioni Europee nel 2014 (altro merito riconosciuto: aver portato il Pd nel Partito del Socialismo Europeo), cominciò la fase calante, determinata anche dall’ansia di stupire. Cedette alle lusinghe della grande industria, di cui al plauso smaccato di Marchionne, al quale non ebbe cuore neppure di dirgli che, al netto dei suoi meriti, le tasse andavano pagate in Italia, non in Olanda. Ora Marchionne guida la fila di coloro che hanno cominciato a prendere le distanze da Matteo Renzi. Ed appare vergognoso, ma non inatteso, questo “posizionarsi” di larga parte del mondo del Potere di ogni genere, compresi intellettuali sedicenti ed opinionisti di chiara fama, sul fronte del Movimento Cinque Stelle avviato ad essere con ampio margine il primo partito. Nessuno, tantomeno quelli del cosiddetto giornalismo di inchiesta, ha avuto la curiosità di andare a vedere come mai alti graduati dell’Arma dei Carabinieri abbiano infangato, a detta di magistrati scrupolosi, la divisa e tradito il giuramento, di cui al motto “nei secoli fedeli”. Nessuno ha voluto sapere se per caso ci siano dei “mandanti” né ci si domanda cosa mai potesse interessare ad alti ufficiali dell’Arma mandare in rovina l’allora premier. In questo scenario torbido Matteo Renzi appare l’agnello sacrificale, braccato da ogni dove, anche al suo interno. Si “inventano” le ragioni più disparate: dal Jobs Act, al quale sono stato sempre contrario, approvato dal Pd, capogruppo Roberto Speranza, alla questione Banca Etruria con la improvvida Maria Elena Boschi a fare da “esca”, davvero ingenua. Diciamo la verità: ma è proprio il caso che l’Italia si fermi per fare la esegesi delle parole che la bella Elena ha scambiato con il Governatore della Banca d’Italia e con l’amministratore delegato di Unicredit, nei cui confronti Banca Etruria è poco più che un granello di sabbia?! Per una volta sono d’accordo con Violante, che si è espresso sull’argomento in maniera analoga. Tutti quelli che ora gridano alla scandalo sono gli stessi che non hanno speso una parola né al tempo dello vergogna della vendita (?!) del Banco di Napoli né nei confronti di un sistema che praticava, e pratica, condizioni vessatorie e tassi poco meno che usurai (so quello che dico) che rendevano il costo complessivo del denaro, soprattutto nel Mezzogiorno, insostenibile per le imprese medio- piccole. Alle quali spesso il credito veniva lesinato o concesso solo pretendendo garanzie impossibili per chi non aveva santi in paradiso. E poi abbiamo visto il credito a chi veniva concesso. Al Nord ed al Sud. Matteo Renzi certamente non si rassegnerà ad un destino che pare segnato, ma il percorso è definito con un avallo inoppugnabile: il magistrato che guida il Partito alla sinistra (?!) del Pd, quello che farà perdere a Renzi decine di seggi nei collegi uninominali. “Superior Stabat Lupus……” il povero agnello non riuscì a convincerlo della sua patente innocenza: il lupo non volle sentire ragioni e lo sbranò, senza pietà. Così sarà. A meno che... non ci sia un recupero di saggezza e razionalità negli elettori. *** Papa Francesco ha dato a noi dell’Isola d’Ischia più di un segno di vicinanza e di solidarietà per le famiglie colpite dal terremoto del 21 di agosto. Oltre alle parole che ha speso in questi mesi, prima ha mandato il Presidente della Conferenza Episcopale, il Cardinale Bassetti, vescovo di Perugia, poi, in questi giorni, il suo elemosiniere, Padre Corrado Kraiewski, “per sostenere concretamente la popolazione”. Un concreto sostegno economico perché “trovare abitazioni disponibili a causa di fitti alle stelle è diventato un problema per chi ha redditi bassi, per i precari, per i pensionati che vivono da soli. La speculazione post sisma si è fatta sentire e Natale per tanti di loro rischia di essere senza lucine e senza panettone”. Quello di Papa Francesco è un dono e uno “schiaffo” per quelli di noi che, pur in tanta tragedia, si mostrano egoisti, mossi solo dal bieco interesse personale. In questo tempo di violenze, di rancori, di egoismi, di minacce fondate alla pace nel mondo è difficile scegliere le ragioni per un augurio per il prossimo Natale. Forse vale rifarsi al canto dei più umili, ma particolarmente privilegiati, i Pastori, che videro il Cristo al suo primo vagito nella Grotta di Betlemme: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace i terra agli uomini di buona volontà”. Buon Natale.