Il partenariato pubblico privato e i ritardi del Sud
L’idea del Comune di Caserta di richiamare in servizio i pensionati per sopperire alla mancanza di personale con esperienza, in grado di gestire i delicati processi di attuazione del Pnrr, ci riporta al tema di questi giorni, che definirei il paradosso Sud. Tante, troppe risorse a disposizione, poche quelle investite. I dati sulla spesa degli ingenti finanziamenti a valere sui programmi strutturali della Ue, quelli relativi al Fondo Sviluppo e Coesione e quelli del Pnrr, solo per citare i capitoli più rilevanti, vedono le Regioni e gli Enti locali del Mezzogiorno in affanno. E il risultato è che l’Istat certifica la decrescita demografica, Svimez calcola l’aumento dei divari sociale, economico, ambientale e tecnologico tra Nord e Sud e Fondazione Sud, grazie alla relazione del professor Viesti, segnala che l’auspicato e programmato rafforzamento amministrativo degli Enti locali, chiamati ad avere un ruolo attivo nella attuazione dei piani di investimento teoricamente finanziati, non si è realizzato. Al contrario la forza lavoro si è ridotta numericamente ed è invecchiata. Quindi tante le speranze altrettante le delusioni. Come ogni anno i conti non tornano. Eppure ogni anno sembra che le difficoltà del Sud di stare nei tempi e nei modi di una sana politica di investimenti siano una scoperta. I ritardi sulle programmazioni e i conseguenti espedienti per non perdere risorse sono antichi quanto la politica di coesione. Il meccanismo dei fondi strutturali nasce con l’Atto Unico Europeo del 1986 e la prima agenda europea parte nel 1989. Da allora si parla di inadeguatezza delle regioni meridionali rispetto alla regolamentazione della politica di coesione ma ancora oggi molti gli attori istituzionali meridionali rincorrono realizzazioni senza mai raggiungerle. Anche il 2023 si apre con l’analisi dei dati statistici dell’anno appena chiuso e il quadro non è positivo. Il pareggio tra entrate e out put di risultato non c’è; si registra un avanzo di risorse e un disavanzo di competenze. La questione è chiaramente sistemica e, in quanto tale, non può trovare soluzione semplicemente aumentando gli organici con costi a carico del Pnrr. Siano esse giovani leve immesse con contratti a termine che pensionati reintegrati, come fa Caserta, salire su un treno in corsa per cambiare la direzione di marcia non può essere la risposta. Il rafforzamento amministrativo è, infatti, uno dei traguardi del piano. Non può essere uno strumento, perché altrimenti, il “Pnrr rischia di diventare una fabbrica di futuri disoccupati o di fallire per la fuga degli esperti” (Dario Cosentino AffariItaliani.it). Quello pensato da Borgomeo sembra l’approccio più realistico. Promuovere una sana alleanza tra pubblico e privato che superi le diffidenze ed emancipi il paese dalla cultura del sospetto è l’unica strategia efficace per traguardare il 2026 (Pnrr) e il 2027 (Agenda 21/27). Il partenariato pubblico privato si è sempre più trasformato in attrattore di competenze piuttosto che di risorse. Esso è, infatti, uno degli strumenti su cui punta lo stesso Pnrr, che ha contribuito ad accelerare anche la più recente revisione regolatoria da parte del nostro legislatore, al fine di garantire procedure trasparenti, snelle e pienamente rispettose delle regole della concorrenza. Il rafforzamento amministrativo passa anche attraverso il rafforzamento istituzionale. E questo non può che realizzarsi con il contributo di organi di governo capaci di avvantaggiarsi dell’apporto di esperienze e competenze degli attori economici, sociali e culturali del territorio. La politica ha il potere/dovere di sfruttare tutte le opportunità in campo. E il dialogo e la cooperazione tra Pa e operatori privati è sicuramente una di queste. Direi che coordinare una strutturale e operosa cooperazione con università, ordini professionali, associazioni di imprese con il preminente interesse pubblico è sicuramente il vero grande sforzo da fare.
*ex parlamentare europeo