Il Sud e la “desertificazione” degli sportelli delle banche
La “desertificazione” delle filiali bancarie, sia detto “in soldoni” ed utilizzando un termine coerente con l’argomento trattato (la chiusura delle filiali degli istituti di credito), ha colpito in maniera particolarmente dura il Mezzogiorno e la Campania. Senza voler starnazzare gridando al nostro primato di commentatori, il “Roma” aveva denunciato negli anni il pericolo che si stava concretizzando; prima che sul quotidiano cittadino, chi scrive si era affannato, a cavallo del secolo passato, sulla scelta strategica, a suo modo di vedere sbagliata, sul giornale “Il Denaro” vicino a Confindustria. Ora che gli sportelli sono diminuiti in maniera esponenziale, sulla base delle diverse esigenze di una parte del pubblico e della ripresa dei margini di intermediazione finanziaria che ricominciano a produrre interessi attivi per l’industria bancaria, è scoppiata la canizza che denuncia il grave disservizio costituito dal fatto che paesi anche importanti e città capoluogo siano rimasti o privi o con insufficienti sportelli che presidino e servano i territori. Centri minori dell’Irpinia, di Terra di Lavoro, del Sannio, della Calabria sono rimasti senza punti vendita e per effettuare anche transazioni bancomat i clienti devono percorrere decine di chilometri; con grandi vantaggi per le Poste. Dispiace che un personaggio come Carlo Messina, stimatissimo con giusta ragione nel mondo della finanza internazionale, consigliere delegato e Ceo di Intesa Sanpaolo, in cui confluì nel 2018 in maniera tombale (sia detto senza sarcasmo) il Banco di Napoli, non abbia considerato che la cittadinanza che rientra nell’areale storico dell’Istituto che alcuni cattedratici fanno ritenere il più antico del mondo, sia rimasta senza interlocutori che non siano gli operatori dei call center. Come molti ritengono che la sede storica del Banco di Napoli, inaugurata dal Duce alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, dovesse rimanere il punto di riferimento degli imprenditori e risparmiatori meridionali e non un bar ristorante, per quanto prestigioso, al servizio di danarosi buongustai. L’utenza, almeno quella più sentimentale, ha per modello la filiale al Vomero di via Merliani dove dipendenti preparati e disponibili ancora si comportano come umani; mentre i ruderi esistenziali delle omologhe di piazza Arenella e di piazza degli Artisti e molte altre sono rimaste un monito per chi ha un cuore ed un cervello che lavorano in sintonia per ricordare un grande passato.