L’anno giudiziario e il “trasformismo”
In tutti i Tribunali nla scorsa settimana è stato inaugurato l’anno giudiziario. Un rito che si ripete ogni anno per fare il bilancio dell’attività svolta nell’anno precedente e per tracciare le linee guida del futuro. «Considero realizzato l’auspicio che formulai lo scorso anno, di aprire una nuova stagione di condivisione sui temi della giustizia e di superamento della conflittualità tra magistratura e politica che ha caratterizzato il clima degli scorsi anni», ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che è intervenuto alla cerimonia di Palermo. Ne abbiamo avuto conferma in occasione del recente scandalo nel mondo del calcio, denominato “Fuorigioco”, con la incriminazione dei presidenti di alcune società. I pm napoletani hanno rinunciato a inquisire e a chiedere il rinvio a giudizio del presidente del Milan Silvio Berlusconi. Diversamente dai loro colleghi milanesi che nel 2002 chiesero e ottennero il rinvio a giudizio per falso in bilancio del patron del Milan Berlusconi Silvio per l’acquisto dal Torino Calcio del giocatore Gianluca Lentini. La spiegazione potrebbe trovarsi nel fatto che allora Berlusconi era presidente del Consiglio dei ministri e oggi non lo è più. Anzi, è ex cavaliere ed ex senatore. E hanno rinunciato anche alla teoria borrelliana del “non poteva non sapere”. Un fatto positivo. Accanto a due fatti negativi. Il primo è costituito dai tempi troppo lunghi dei processi che hanno causato un arretrato di 3,5 milioni di processi penali, che rischiano di esaurirsi per prescrizione nella misura del 95%. E anzichè impegnarsi nel ridurre drasticamente questo gigantesco arretrato c’è, per fare un esempio, il Tribunale di Firenze che nel 2013 rifà il processo per la strage dell’Italicus che il 23 dicembre 1984 causò la morte di 17 persone e per la quale sono stati condannati in via definitiva alla pena dell’ ergastolo Pippo Calò e i suoi collaboratori mafiosi. Lo rifà a Totò Riina, 85 anni, seriamente malato, già condannato a otto ergastoli, nella convinzione che la strage “era inserita in un disegno strategico del capo mafioso per far apparire l'attentato come un fatto politico e come risposta al maxi processo a Cosa Nostra”. Col risultato che la Corte d’Assise di Firenze lo assolve il 14 aprile 2015 per mancanza di prove. Un processo costoso e inutile. Il secondo fatto negativo è costituito dall’inaugurazione dell’anno giudiziario a Napoli con il neo sottosegretario al ministero della Giustizia Gennaro Migliore. Non ho nulla di personale con il dottore in Fisica Migliore. Ce l’ho con l’articolo 67 della Costituzione che, assicurando ai parlamentari il diritto di esercitare le loro funzioni senza vincolo di mandato, gli consente di passare da un partito all’altro senza doverne dare alcuna spiegazione. Un fenomeno, definito “trasformismo”, tipicamente italiano. È vero che solo gli imbecilli non cambiano opinione. Ma c’è anche la “coerenza” che distingue le persone che la ritengono importante e quelle che la considerano trascurabile. Come Gennaro Migliore. Nel “2006” viene eletto deputato nel partito di Rifondazione Comunista e diventa capogruppo parlamentare. Il 24 gennaio “2009” lascia Bertinotti e passa a Vendola e nelle liste di Sel “Sinistra Ecologia Libertà” viene eletto a Montecitorio (col Porcellum quindi nominato come tutti gli altri). Il 18 giugno 2014 si dimette da capogruppo e fonda assieme ad altri parlamentari fuoriusciti da Sel un’associazione chiamata “Diritti-Socialisti europei e Libertà”. Il 22 ottobre 2014 viene folgorato sulla via del Nazareno e si iscrive al “Partito Democratico (Italia)”. Il 28 gennaio scorso, in occasione del rimpasto del “Governo Renzi” viene nominato, in quota “Partito Democratico (Italia)” sottosegretario di Stato al “Ministero della giustizia”. In un governo nel quale è ministro dell’Interno l’ex berlusconiano Angelino Alfano, quello del famoso Lodo ad personam. È un fatto che se nella Costituzione non ci fosse l’articolo 67 il deputato bertinottiano-vendoliano Gennaro Migliore non sarebbe mai diventato sottosegretario. Un articolo da abolire. Subito.